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Dentro la questura di Verona si tortura: arrestati 5 poliziotti

A Verona, il giudice per le indagini preliminari (gip) ha disposto cinque arresti domiciliari per altrettanti poliziotti, accusati a vario titolo di tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto ed omissione di atti di ufficio e, infine, falso ideologico in atto pubblico. I poliziotti, un ispettore e quattro agenti, si sarebbero resi protagonisti di atti gravemente lesivi della dignità umana nei confronti di diverse persone sottoposte ad accertamenti nella questura di Verona tra luglio 2022 e marzo 2023. Le misure cautelari sono state disposte a seguito delle indagini delegate dalla Procura alla stessa Polizia di Stato di Verona, conclusesi a marzo. Negli ultimi tre mesi, i cinque poliziotti sono stati trasferiti dalla Squadra mobile “ad altri incarichi”. Stesso destino per un altra decina di agenti che, stando alle recenti indagini, non avrebbero impedito o comunque denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi. Uno scenario che, se confermato a processo, aggiungerebbe un nuovo tassello agli episodi di tortura [1] e di successiva omertà tra le forze dell’ordine.

Violenze in questura nascoste da verbali truccati e generale accondiscendenza. Questo l’oggetto delle indagini condotte per otto mesi dalla Squadra Mobile di Verona, che hanno portato il gip a disporre cinque misure cautelari (arresti domiciliari) in vista del processo. Nell’ordinanza si legge che due dei cinque poliziotti sono accusati di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, costretta poi a urinare nella stanza. A questo punto gli agenti l’avrebbero spinta in un angolo facendola cadere a terra e usandola “come uno straccio per pulire il pavimento”. L’ordinanza del gip di Verona segue di qualche settimana la pubblicazione del Rapporto [2] 2022-2023 sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Relativamente all’Italia, l’indagine di Amnesty International si apre [3] con una certa preoccupazione nei confronti della tortura, uno dei temi affrontato da L’Indipendente nel Monthly Report [4] di gennaio. Il divieto di trattamenti degradanti è stato recepito dal nostro Paese sia mediante la ratifica di accordi internazionali, come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU [5]), sia attraverso la legge n. 110 del 2017. Ciononostante, la pratica non è stata debellata [1]. “A novembre, 105 agenti penitenziari e altri funzionari sono stati processati con l’accusa di molteplici reati, tra cui la tortura, per la repressione violenta di una protesta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nell’aprile 2020″, scrive Amnesty, citando anche il caso [6] di Hasib Omerovic precipitato giù dalla finestra della sua casa in circostanze ancora non chiare, durante un’ispezione di polizia non autorizzata.

[di Salvatore Toscano]