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Germania, la lotta paga: aumenti per 2,5 milioni di lavoratori pubblici

Lo scorso marzo, la Germania si è ritrovata [1] paralizzata dallo sciopero dei trasporti organizzato dai sindacati che chiedevano un adeguamento degli stipendi all’inflazione. Dopo tre settimane, è stato raggiunto un accordo salariale tra il governo e le sigle sindacali (guidate dall’associazione Ver.di) a vantaggio di oltre 2,5 milioni di lavoratori del settore pubblico. Il ministro dell’Interno Nancy Faeser ha rivelato i dettagli dell’intesa: un versamento esentasse da 3.000 euro a dipendente, con i primi 1.240 euro in arrivo a giugno e i restanti distribuiti in rate mensili fino al prossimo febbraio, e il tanto atteso adeguamento salariale all’inflazione. Da marzo 2024, gli stipendi aumenteranno infatti di 200 euro al mese, a cui si aggiungerà poi un incremento del 5,5% del salario, fino alla fine dell’anno. Un risultato ottenuto grazie alla mobilitazione degli ultimi mesi.

«Abbiamo accontentato i sindacati per quanto potevamo fare in una situazione di bilancio difficile», ha dichiarato Nancy Faeser. Inizialmente la sigla sindacale Ver.di, promotrice dei recenti scioperi insieme al sindacato EVG, puntava infatti a un incremento del 10,5% dello stipendio. L’accordo è stato dunque raggiunto sulla base della proposta elaborata da un tavolo di lavoro formato da esponenti del settore pubblico e dei sindacati, istituito lo scorso marzo dopo l’interruzione dei colloqui con il governo. Dall’intesa si è sfilato EVG, che continua a chiedere per i propri lavoratori un aumento in busta paga del 12%. Il sindacato degli autoferrotranvieri, che venerdì scorso ha organizzato un ulteriore sciopero di otto ore, ha fissato per domani un nuovo round di colloqui con il governo.

Nelle ultime settimane le prime due economie europee, Francia e Germania, sono state interessate da importanti mobilitazioni popolari in lotta contro le politiche di austerità dei governi. A Parigi, la protesta si è infiammata in seguito all’approvazione della riforma delle pensioni [2] mentre a Berlino l’agitazione sindacale si è levata per l’adeguamento dei salari all’inflazione. In questo caso, di fronte alla minaccia di una “via francese”, il governo guidato dal cancelliere Olaf Scholz è corso ai ripari andando incontro alle richieste dei sindacati. Gli eventi di Parigi e Berlino mettono in luce le differenze con quella che è la terza economia europea, l’Italia, dove invece non si accenna né a scioperi generali contro l’inflazione né a misure serie a sostegno del potere d’acquisto dei cittadini. Durante il Consiglio dei ministri dell’11 aprile, il governo Meloni è arrivato [3] alla conclusione che in Italia gli stipendi dovranno crescere poco “per prevenire una pericolosa spirale salari-prezzi”. A pagarne le spese, nel frattempo, è il potere di acquisto [4] degli italiani che per sopravvivere tra inflazione e caro vita devono attingere ai propri risparmi. Dopo quattro anni di aumenti costanti, nel 2022 il saldo totale dei conti correnti delle famiglie è infatti diminuito di quasi 20 miliardi di euro.

[di Salvatore Toscano]