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Nessuna verità: l’OMS abbandona le indagini sull’origine del Covid

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha deciso di interrompere la seconda fase della sua indagine scientifica sulle origini della pandemia di Covid-19 [1]. Secondo la rivista Nature, che ha riportato la notizia [2], le motivazioni dello stop sarebbero da ricercare nella difficoltà manifestata dall’OMS di portare avanti le ricerche – rimaste in effetti ferme per molto tempo – in un contesto risultato ostile e chiuso come quello cinese. Eppure, capire in che modo le prime persone abbiano contratto il virus da SARS-CoV-2 sarebbe stato estremamente importante per diversi motivi: ci avrebbe fornito prima di tutto delle risposte concrete e, soprattutto, ci avrebbe aiutato a capire come poter prevenire future epidemie. Ma «non esisterà una fase due. Il nostro piano di procedere per fasi è cambiato» ha commentato Maria Van Kerkhove, epidemiologa dell’OMS a Ginevra, in Svizzera.

Il piano di cui parla l’esperta è stato avviato nel gennaio del 2021, quando un team internazionale specializzato si è recato a Wuhan, in Cina, nel posto in cui il virus da Covid-19 è stato rilevato per la prima volta. La squadra, collaborando con i ricercatori cinesi e dopo diverse analisi, aveva pubblicato un rapporto riassuntivo [3] – ma non esaustivo – delle possibili cause alla base della nascita del Coronavirus, delineando quattro scenari. Nel proprio rapporto il team ONU ha sempre assecondato come ipotesi più probabile quella del salto di specie dai pipistrelli agli esseri umani (tramite un ospite intermedio), sarebbe però poi toccato alla fase due approfondire ulteriormente le ricerche e arrivare ad una conclusione certa e definitiva su cosa sia successo in Cina e nel resto del mondo.

A quel punto potremmo non arrivarci mai. Per cercare di definire una sequenza temporale della diffusione del virus, i ricercatori stanno continuando ad analizzare prove e dati, ripetendo alcuni test – tra cui quelli sulle acque reflue, su campioni di sangue e sugli animali – ma, per loro stessa ammissione, è passato troppo tempo. Praticamente, alcuni elementi necessari per individuare l’origine del virus non ci sono più. Questo perché «la politica mondiale ci ha davvero ostacolato», ha ribadito l’epidemiologa dell’OMS.

In effetti, negli anni pandemici l’atteggiamento accusatorio di alcuni Paesi – tra cui gli Stati Uniti, per citare un esempio non troppo casuale – non ha agevolato la collaborazione – già di per sé delicata – con la Cina. L’allora presidente Donald Trump aveva accusato [4] il Wuhan Institute of Virology, che in quel periodo lavorava sul Coronavirus, di essersi fatto sfuggire il virus. Uno scenario definito poi dal rapporto dell’OMS come “altamente improbabile”. Ma l’inclusione e la presa in considerazione di tale possibilità nel documento dell’Organizzazione è stato motivo di chiusura da parte dei ricercatori e funzionari cinesi.

Tanto da respingere le successive proposte dell’OMS, tra cui quella di controllare i mercati di animali selvatici di Wuhan e ispezionare i laboratori attorno all’area contaminata per prima, perché ritenute già da escludere per la loro improbabilità. Gerald Keusch, direttore associato del National Emerging Infectious Diseases Laboratory Institute presso la Boston University nel Massachusetts, ha detto che «l’indagine è stata mal gestita dalla comunità globale. È stata gestita male dalla Cina. È stata gestita male dall’OMS». Quest’ultima, a suo parere, avrebbe dovuto essere più dura con le autorità cinesi, e imporsi davanti all’eventuale rifiuto di collaborazione.

Dall’altra parte, Van Kerkhove ha difeso l’operato dell’OMS, sostenendo invece che il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, abbia cercato sempre di stabilire un dialogo con i funzionari del governo cinese per spingere la Cina a condividere i dati.

Ora che succede? Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità spera di arrivare ad una conclusione servendosi del lavoro dello “Scientific Advisory Group for the Origins of Novel Pathogens” (SAGO), un gruppo di ricerca fondato appositamente nel 2021 e che può contare su 26 scienziati che indagano sulle origini del Coronavirus, dall’altra, al di fuori dell’OMS, alcuni studi proposti per la fase due sono andati avanti per mano di ricercatori di Pechino e Wuhan, con qualche piccolo progresso.

Certo, le aspettative non sono molte. In un’intervista [5] fatta da L’indipendente a Francesco Zambon, a capo dei ricercatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che scrissero un rapporto sulla gestione della prima ondata della pandemia da parte del Governo italiano, censurato dall’OMS nel giro di 24 ore, sono emerse numerose lacune, mancanze e incongruenze all’interno di un sistema che dovrebbe invece tutelare la salute pubblica.

[di Gloria Ferrari]