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La Commissione Ue accelera sul progetto dell’identità digitale per i cittadini

L’Unione europea sta implementando il progetto, lanciato nel 2021, di identità digitale per i cittadini e i residenti europei attraverso la pubblicazione di un nuovo pacchetto di strumenti – comprendente architettura e norme – comune a tutti i Paesi Ue e volto a costituire il cosiddetto portafoglio europeo di identità digitale (European Digital Identity Wallet – EUDI Wallet): «Il pacchetto di strumenti integrerà la proposta legislativa su  un’identità digitale affidabile e sicura  ed è un primo passo fondamentale che consentirà la creazione di un solido quadro per l’identificazione e l’autenticazione digitale basato su standard comuni in tutta l’UE. Mira a garantire un elevato livello di fiducia nelle transazioni digitali in Europa. Gli Stati membri continueranno a collaborare strettamente con la Commissione per aggiornare costantemente il pacchetto di strumenti», si legge [1] sul sito della Commissione. Secondo l’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano, il portafoglio digitale «è un portafoglio elettronico per la memorizzazione e la condivisione sicura di documenti e certificati in formato digitale. Viene tipicamente erogato in forma di applicazione mobile per smartphone».

L’obiettivo di EUDI è quello di integrare i diversi sistemi di identità digitale nazionali – come, ad esempio, lo “Spid” italiano – armonizzandoli su un’unica piattaforma in grado di permettere l’identificazione online e l’accesso ai servizi in qualunque Stato dell’Unione, acquisendo così natura transfrontaliera. Il portafoglio digitale europeo non sostituirà le identità nazionali, bensì le integrerà, aggiungendo funzionalità quali l’archiviazione di documenti oltre ad attestati di studio e professionali. Secondo la Commissione, «il portafoglio europeo di identità digitale fornirà un modo sicuro e conveniente per i cittadini e le imprese europei di identificarsi quando necessario per accedere ai servizi digitali, con un clic di un pulsante sul proprio telefono». L’identità digitale europea potrà essere utilizzata, tra le altre cose, per usufruire di servizi pubblici, aprire un conto in banca, presentare la dichiarazione dei redditi, iscriversi a un’università su tutto il territorio dell’Unione, noleggiare un’auto mostrando la patente digitale, fare il check-in in albergo.

Al momento, il nuovo pacchetto di strumenti pensato dalla Commissione non è obbligatorio per gli Stati membri «fino a quando la proposta legislativa sul portafoglio europeo di identità digitale non sarà stata adottata dai colegislatori». Allo stesso tempo, l’Unione europea sta finanziando progetti pilota su larga scala per affrontare casi d’uso ad alta priorità per il portafoglio, tra cui la patente di guida mobile, la sanità elettronica, pagamenti e titoli di studio/professionali. A tal fine, la Commissione ha cofinanziato i progetti con 50 milioni di euro e l’inizio della sperimentazione è prevista per la prima metà del 2023.

Il portafoglio digitale, così come l’identità digitale a livello nazionale, al momento non è obbligatorio e non è previsto che lo sarà nemmeno in futuro. Tuttavia, come ha dimostrato anche il caso del “green pass”, non serve rendere legalmente obbligatoria una misura per renderla coercitiva. È sufficiente, infatti, escludere chi non ha determinati requisiti dai principali servizi nazionali per rendere un determinato strumento “obbligatorio” e la digitalizzazione della vita e della società, dietro ai pretesti della comodità e della velocità di accesso ai servizi, presenta sicuramente il rovescio della medaglia: un lato oscuro che si può individuare in una possibilità di controllo sociale [2] senza precedenti. Tutto, infatti, sarà digitalizzato e, dunque, tracciabile, comprese le attestazioni di trattamenti sanitari. La digitalizzazione è una componente imprescindibile del “mondo nuovo” e dell’“uomo nuovo” promossi da Davos attraverso la rivoluzione 4.0 o Quarta rivoluzione industriale e ha le potenzialità per instaurare un sistema di controllo ineludibile.

In questo senso, lo strumento del “green pass” ha svolto una funzione pilota di sperimentazione, mentre la pandemia di Covid-19 ha fornito un impulso notevole di accelerazione verso il digitale: a causa del “distanziamento sociale” e dell’interruzione della maggior parte delle attività, infatti, tutti i settori sono stati digitalizzati, compresa la scuola e la sanità. La stessa Commissione europea, con riferimento all’ identificazione elettronica [3], ha sottolineato che «La pandemia di COVID-19 ha evidenziato ulteriormente l’importanza di questo aspetto, poiché i governi e le aziende private hanno ridotto al minimo indispensabile le interazioni fisiche». Controllo sociale e capitalismo della sorveglianza appaiono i due pilastri della digitalizzazione abilmente dissimulati dietro il culto del progresso e le prospettive della comodità e della facilità di accesso a qualunque servizio. Non a caso, la nuova società digitale è uno dei maggiori obiettivi delle élite globali – ben rappresentate nel World Economic Forum – e di filantropi come Bill Gates che già nel 2020 aveva lanciato il progetto ID 2020 [4].

Quantomeno nei progetti e nelle dichiarazioni di alcuni protagonisti, il prossimo ad essere digitalizzato potrebbe essere l’uomo: esistono già, infatti, chip sottocutanei che promettono di permettere di fare digitalmente qualunque cosa, dagli acquisti all’aprire lo sportello della macchina, e lo stesso Vittorio Colao, ex ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, in un’intervista [5] aveva dichiarato che «col 5G si potrà iniettare o rilasciare una sostanza medica in remoto, quasi istantaneamente». Il magnate Elon Musk, invece, vorrebbe creare un’interfaccia tra l’uomo e l’Intelligenza Artificiale (IA), tramite un impianto cerebrale che prevede l’inserimento di un chip nel cervello umano. Infine, a completare un quadro dalle tinte distopiche, si aggiunge la dichiarazione dell’esponente del WEF e storico israeliano, Yuval Noah Harari, secondo cui l’uomo «potrà essere hackerato». Inserito nel quadro della ricerca in corso, dunque, il portafoglio digitale europeo potrebbe essere solo il primo passo nella direzione di una trasformazione sociale e antropologica senza precedenti.

[di Giorgia Audiello]