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In tutta Italia si moltiplicano gli attacchi anarchici per Alfredo Cospito

La vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico recluso a Sassari in regime di 41-bis e per questo in sciopero della fame da oltre 100 giorni, ha innescato una serie di attacchi di matrice politica alla quale non si assisteva da tempo. Tanto in Italia quanto all’estero si moltiplicano le iniziative degli anarchici, tutte finalizzate a richiedere la fine del carcere duro per Alfredo. La risposta del governo è secca e decisa: su Cospito nessuna marcia indietro, “Lo Stato non scende a patti con chi minaccia”.

Gli ultimi scontri sono stati registrati nella notte [1] dello scorso sabato a Roma, in zona Trastevere: alcuni anarchici hanno organizzato una manifestazione di protesta e una molotov è stata lanciata contro la sede del commissariato. Sono 41 i soggetti identificati e denunciati a seguito degli scontri con le forze dell’ordine, nel corso dei quali un poliziotto è rimasto ferito. Nella giornata di ieri, a Torino [2], sono stati incendiati i cavi di un ripetitore di telefonia mobile utilizzato da Wind, Croce Verde e altre società, azione che ha quindi causato non pochi disservizi. Sul posto è stata trovata la scritta Fuori Cospito dal 41-bis. Nella notte tra domenica e lunedì, invece, a Milano [3] pattuglie della polizia sono state raggiunte da oggetti infuocati (probabilmente molotov), mentre nei giorni scorsi al direttore del quotidiano Il Tirreno, Luciano Tancredi, è stata recapitata una busta con un proiettile e un biglietto recante la scritta “Se Alfredo muore i giudici sono tutti obiettivi. Due mesi senza cibo. Fuoco alle galere”, firmato con una A maiuscola. Le iniziative seguono le azioni [4] contro le sedi diplomatiche di Berlino e Barcellona della scorsa settimana.

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La lettera recapitata alla redazione del quotidiano Il Tirreno

A seguito di quanto avvenuto a Roma, il COISP (sindacato di polizia) ha espresso il proprio sostegno «ai colleghi che sono stati feriti durante il lancio di bottiglie e sassi contro la Polizia» e ha chiesto «al Governo la massima fermezza e severità: non si deve assolutamente arretrare su 41 bis ed ergastolo ostativo. È in gioco la forza dello Stato nella lotta al terrorismo endogeno e alla mafia». Di tutt’altro avviso il presidente di Antigone Patrizio Gonnella: «È la Costituzione a indicare la via. Le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Dunque si cambi il regime penitenziario, si revochi il 41 bis, lo si trasferisca dove ci sia più attenzione alla cura».

Quello che sembra delinearsi è quindi un braccio di ferro politico tra governo e proteste degli anarchici, sebbene, come sostenuto [6] dal legale di Cospito Flavio Rossi Albertini, la questione sia materia innanzitutto di diritto. Riguarda, infatti, l’«interpretazione estensiva di una norma eccezionale. Il 41 bis dovrebbe essere applicato nei casi tassativi previsti dalla legge, è una norma di stretta interpretazione. Per Cospito è stato ampliato, dilatato il perimetro applicativo e dopo 102 giorni di sciopero della fame è ancora in attesa della decisione del Ministro». Centrale nella vicenda, ricorda il legale, non è quindi la questione di cedere o meno alle pressioni degli anarchici ma se sussistano le condizioni per proseguire la reclusione al 41-bis. Il governo, tuttavia, non accenna ad alcuna marcia indietro. In una nota della Presidenza del consiglio viene infatti fatto sapere che «Azioni del genere non intimidiranno le istituzioni. Tanto meno se l’obiettivo è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici». La posizione è stata ripresa dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il quale ha sottolineato come «Lo Stato non si lascerà mai intimidire e condizionare da queste azioni del tutto inaccettabili, nella convinzione che nessuna rivendicazione o proposta possa essere presa in considerazione se viene portata avanti con questi metodi, ancor più se rivolti contro le forze dell’ordine». Un approccio muscolare che evidentemente dimentica il diritto e va a discapito dell’interessato, attraverso una strumentalizzazione del carcere duro, trasformato nelle parole del governo in un mezzo politico che non intende mettere in discussione le condizioni estreme di detenzione inflitte a Cospito anche a costo della sua vita, pur di non cedere alle proteste. Emergono, tuttavia, alcune posizioni dissonanti all’interno della linea della maggioranza, come quella di Feltri (FdI), il quale ha dichiarato «Questo uomo deve pagare in carcere i suoi errori. Non c’è dubbio. Ma bisogna abolire le torture dietro le sbarre. E pure su questo non c’è dubbio». «Invito il Governo a riflettere e a trasferire Cospito in un centro clinico, valutando l’uscita dal 41 bis non trattandosi di un mafioso e non avendo commesso omicidi» dichiara Bonelli (AVS), cui fa eco il senatore Walter Verini (PD): «evitare da parte dello Stato che un carcerato come Cospito muoia in carcere. Trasferirlo in un carcere con un centro clinico attrezzato, come chiede il Garante dei detenuti, è giusto».

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Scritta apparsa in sostegno dell’anarchico Cospito

Dopo 103 giorni di sciopero della fame, le condizioni mediche dell’uomo appaiono ormai critiche: ha perso oltre 40 chili e, secondo quanto riferito dal suo medico curante, la dottoressa Angelica Milia, è costretto a spostarsi su una sedia a rotelle. Nei giorni scorsi è scivolato all’interno della doccia, provocandosi la frattura del setto nasale. Il Garante nazionale per le persone private di libertà, Mauro Palma, ha anch’egli sottolineato la necessità di spostarlo in una struttura «adeguata» che possa intervenire in caso di repentino peggioramento delle sue condizioni. Nonostante ciò, l’udienza in Cassazione per discutere il ricorso presentato dall’avvocato di Cospito contro l’applicazione del carcere duro per i prossimi 4 anni è stata fissata al 7 marzo (inizialmente era stata prevista addirittura per il 20 di aprile), con scarse probabilità che l’anarchico vi possa arrivare vivo.

[di Valeria Casolaro]