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Alternanza scuola-lavoro, la riforma beffa: i ragazzi potranno morire assicurati

Il 16 settembre 2022 il diciottenne Giuliano De Seta moriva schiacciato da una lastra di acciaio di oltre una tonnellata. Era uno studente dell’istituto tecnico Da Vinci di Portogruaro, ma anziché essere a scuola si trovava a lavorare in fabbrica, non per scelta ma perché obbligato dalla riforma renziana delle cosiddetta “buona scuola”, che sancisce che gli studenti delle superiori debbano ottenere crediti formativi prestando servizio gratuito in azienda. Alla tragedia, per la famiglia di Giuliano, si è aggiunta la beffa: l’INAIL ha negato il risarcimento [1] previsto per infortuni e decessi sul lavoro, visto che in quanto studente non godeva della copertura assicurativa. Ieri la ministra del Lavoro, Marina Calderone, e il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, hanno raggiunto l’accordo che amplia la copertura assicurativa agli studenti in alternanza scuola-lavoro. Un provvedimento che i movimenti studenteschi rigettano, chiedendo l’abolizione stessa della misura e non un eventuale risarcimento post-mortem.

L’annuncio è arrivato in concomitanza [2] con l’avvio del tavolo tecnico ministeriale sull’alternanza scuola-lavoro, che si è riunito per la prima volta ieri mattina al ministero dell’Istruzione e del Merito (Miur). Secondo il ministro Valditara il tavolo dovrà servire ad aumentare la sicurezza degli stage e a riattivare il Comitato per il monitoraggio e la valutazione dell’alternanza scuola-lavoro. Nessuna intenzione, a quanto pare, di ridiscutere l’esistenza stessa della misura, come chiedono da tempo i movimenti studenteschi [3] che denunciano come l’alternanza – annunciata come un percorso didattico volto a rendere il mondo dell’istruzione più utile al percorso lavorativo abbia “progressivamente allontanato la scuola dalla sua funzione emancipatrice, didattica e pedagogica, per allinearla alle necessità delle aziende e dei privati”.

Le stesse modalità di attuazione del tavolo tecnico è stata denunciata dagli studenti, che non hanno mancato di denunciare come tra le 37 sigle invitate ai lavori ci sono tutti (sindacati confederali, associazioni dei datori di lavoro e presidi) tranne le organizzazioni studentesche, segno di come l’opinione e la testimonianza diretta di chi effettivamente subirà le decisioni non è richiesta. “Nonostante il tavolo sia stato dipinto come la soluzione alle morti in alternanza, non ci sfugge il vero tentativo del ministero, cioè quello di riformare e potenziare ulteriormente l’alternanza scuola-lavoro. Ormai, in perfetta continuità con i governi precedenti e con il governo Draghi, Valditara mostra per l’ennesima volta a tutti il modello di scuola che ha in mente: una scuola completamente aziendalizzata, integrata nel mercato del lavoro del territorio e per questo diseguale nel Paese, che plasma gli studenti allo sfruttamento e alla precarietà lavorativa mentre mette a disposizione dei privati un esercito di studenti-lavoratori non retribuiti, piegando le nostre conoscenze e la nostra manodopera al loro profitto”, ha scritto in un comunicato [4] l’OSA (Opposizione Studentesca d’Alternativa, una delle sigle del movimento studentesco).

Tra i sindacati invitati al tavolo (dal quale sono stati esclusi quelli di base e conflittuali come i Cobas) la CGIL chiede che l’alternanza non sia più un obbligo formativo ma diventi una scelta dello studente. Mentre a difendere a spada tratta l’obbligatorietà dello stage rimangono le associazioni dei datori di lavoro (per le quali lo stagista significa manodopera non retribuita) ed anche l’Associazione Nazionale Presidi (ANP) che la definisce nientemeno che “una metodologia didattica innovativa”. Al tema dell’Alternanza scuola lavoro su L’Indipendente abbiamo dedicato nel recente passato un ampio approfondimento [5], che dimostra anche le storture con le quali viene applicato un percorso che dovrebbe essere vincolato a paletti rigidi per quanto riguarda il tutoraggio in azienda e l’esenzione dei ragazzi da ogni compito pericoloso. Norme che evidentemente sono state violate in molti luoghi di lavoro, portando al decesso di tre stagisti nel 2022. Senza una riflessione complessiva sulla misura e senza reali azioni di monitoraggio sull’effettivo rispetto delle norme, la decisione di limitarsi ad allargare la copertura INAIL rischia di tramutarsi in quello che gli studenti hanno già ribattezzato «diritto a morire assicurati».