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(Monthly Report n.18) Dietro le sbarre: inchiesta sulle carceri e la giustizia in Italia

È uscito il diciottesimo numero del Monthly Report, la rivista de L’Indipendente che ogni mese fa luce su un tema che riteniamo di particolare rilevanza e non sufficientemente trattato nella comunicazione mainstream. La realtà dietro le sbarre: questo il titolo dell’edizione di questo mese, nella quale intendiamo analizzare le problematiche del sistema carcerario al netto di un anno, il 2022, nel quale il numero di suicidi tra i detenuti è stato tra i più alti mai registrati. Il numero, oltre che in formato digitale, è disponibile anche in formato cartaceo spedito in abbonamento (tutte le info su come riceverlo a questo link [1]).

L’editoriale del nuovo numero: La civiltà e la sicurezza di una nazione 

Oltre duecento agenti in Italia si trovano sotto indagine per violenze e torture ai danni dei detenuti, quasi 750 carcerati vivono in microcelle senza luce e privati di ogni diritto in un regime detentivo giudicato ai limiti della tortura. Un recluso su tre è ancora in attesa di sentenza definitiva e oltre la metà si trova alle prese con condanne per reati non violenti e di scarso allarme sociale, che nella maggior parte dei casi potrebbero essere depenalizzati o quantomeno puniti con misure alternative. Gran parte delle carceri italiane sono strutture vecchissime e inadeguate, una su quattro costruita prima del 1900 come convento o caserma e poi riconvertita. Quasi tutte ospitano più detenuti di quelli per i quali sono omologate. Le condizioni di vita sono spesso insostenibili, al punto che dentro le mura degli istituti carcerari italiani il tasso di suicidi è di circa 15 casi ogni diecimila detenuti, a fronte dei 0,67 nella società italiana.

Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri, affermò il filosofo illuminista Voltaire, e se questo è vero significa che quella italiana non se la passa bene. Anche perché occorre annotare come la questione sia del tutto fuori dai radar dell’agenda politica. Con il governo Meloni che, a fronte del vergognoso quadro appena descritto, ha ben pensato di recuperare un po’ di spicci, da destinare alle proprie misure bandiera inserite in finanziaria, proprio imponendo tagli per 36 milioni di euro nei prossimi tre anni al sistema della giustizia. La questione delle carceri è a dire il vero anche ben lontana dall’agenda dei media nonché dalle preoccupazioni di gran parte dell’opinione pubblica. Molti cittadini, infatti, non sono affatto disposti a preoccuparsi né tantomeno a indignarsi per le condizioni di vita dei detenuti. «Se la sono cercata, i delinquenti non meritano niente» è l’opinione piuttosto diffusa.

Ma si tratta di una prospettiva profondamente sbagliata. Non solo perché omette tutta una serie di questioni strutturali fondamentali (tipo che chi è povero e senza lavoro ha enormemente più possibilità di finire in prigione, e questo qualche riflessione dovrebbe pur suggerirla) e relative ai diritti umani. È un ragionamento sbagliato anche nell’interesse degli stessi cittadini liberi che chiedono maggiore sicurezza. Si tende a pensare, infatti, che chi chiede pene severissime e l’assenza di misure alternative al carcere sia dalla parte della sicurezza, ma è vero l’esatto contrario. La matematica non mente ed ogni dato disponibile dimostra che proprio il carcere tramutato in discarica sociale senza prospettive produce solamente nuova criminalità. Il 62% dei detenuti torna dietro le sbarre entro 7 anni dalla prima scarcerazione per aver commesso un altro reato, ma questa percentuale crolla al 19% tra i detenuti che hanno potuto usufruire di percorsi di reinserimento e di misure di pena alternative.

Anche la sicurezza di una nazione si misura osservando le condizioni di detenzione, si potrebbe dire aggiornando la celebre citazione di Voltaire. Un fatto già da solo capace di rendere evidente come parlare di carcere sia nell’interesse di tutti i cittadini, inclusi quelli che pensano che con una galera non avranno mai nulla a che fare. Per questo, ormai lo avrete inteso, il nuovo numero del nostro Monthly Report è dedicato a questo tema. Buona lettura.

L’indice del nuovo numero:

  • Editoriale
  • L’anno orribile delle carceri italiane viene da lontano
  • Habeas corpus
  • Perché la giustizia italiana è lenta e malfunzionante?
  • Dietro le sbarre si tortura: la scusa delle poche mele marce non regge più
  • Io, Nicoletta Dosio, militante NO TAV e incarcerata per Resistenza
  • Storia e funzione dell’esclusione sociale: dall’antichità al presente neoliberista
  • Che la pena sia umana e rieducativa serve alla società, non solo ai detenuti
  • Sepolti vivi in nome dello Stato: è ora di parlare del 41 bis
  • Il sistema della giustizia e del carcere minorile
  • La detenzione senza reato: i Centri di Permanenza per il Rimpatrio
  • Quando giustizia e disagio mentale si incontrano, il disastro è dietro l’angolo
  • I consigli della redazione

Il mensile, in formato PDF, può essere scaricato dagli abbonati a questo link: https://www.lindipendente.online/monthly-report/ [2]