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Russia e Iran costruiscono una nuova rotta commerciale per aggirare le sanzioni

Le sanzioni occidentali imposte ai cosiddetti Paesi non allineati alle politiche dell’unipolarismo statunitense, insieme alla recente crisi russo-ucraina, stanno paradossalmente imprimendo un impulso determinante alla formazione di nuovi equilibri internazionali che si riflettono, da un lato, nella tendenza alla dedollarizzazione [1] e, dall’altro, nel modellamento di nuove rotte commerciali. Al riguardo, proprio due delle nazioni più sanzionate al mondo, Russia e Iran, stanno costruendo una nuova rotta commerciale transcontinentale che si estende dal confine orientale dell’Europa all’Oceano Indiano, per un totale di 3000 chilometri. L’obiettivo è proprio quello di aggirare le sanzioni attraverso reti fluviali, marittime e ferroviarie fuori dalla portata di qualunque intervento straniero e, di conseguenza, non sanzionabili. I territori ucraini che recentemente hanno sottoscritto l’adesione alla Federazione russa, dopo la loro “conquista” sul campo da parte di Mosca, contribuiscono in ampia misura a questo progetto, in quanto le rotte si estendono dal Mar d’Azov – che il presidente russo Vladimir Putin ha affermato essere diventato «un mare interno» per la Russia – ai centri commerciali iraniani sul Mar Caspio fino all’Oceano Indiano. Gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno espresso preoccupazione in merito ai nuovi corridoi commerciali, in quanto ciò incrementerebbe i legami tra le potenze asiatiche emergenti, limitando allo stesso tempo il controllo di Washington su di esse.

Il progetto russo-iraniano mira ad estendere l’International North-South Transport Corridor (INSTC) – nato nel 2002 da un accordo tra Russia, Iran e India – attraverso nuovi percorsi marittimi e fluviali interni: in particolare, il Cremlino sta investendo un miliardo di dollari per collegare il fiume Volga al Mar d’Azov, ampliando i canali e rendendo le vie navigabili interne percorribili tutto l’anno. Mentre l’Iran sta espandendo la sua rete ferroviaria fino al porto di Chabahar nella zona sudorientale del Paese. Come riferisce [2] Bloomberg, l’esperta di sanzioni e politica estera russa presso l’Istituto internazionale di studi strategici con sede a Londra – Maria Shagina – stima che «la Russia e l’Iran stiano investendo fino a 25 miliardi di dollari nel corridoio commerciale interno, contribuendo a facilitare il flusso di merci che l’Occidente vuole fermare». Inoltre, il nuovo corridoio commerciale consentirebbe a Mosca e Teheran di ridurre di migliaia di chilometri il percorso rispetto alle rotte tradizionali che passano attraverso il Mar Mediterraneo e il canale di Suez: il percorso attraverso il Mediterraneo, infatti, è lungo 14.000 chilometri e richiede 40 giorni per essere completato.

Gli Stati Uniti stanno osservando con allarme le mosse di Russia e Iran e, con riferimento alla nuova via commerciale in costruzione, il massimo funzionario delle sanzioni dell’amministrazione Biden, James O’Brien, ha affermato che «È un’area che stiamo osservando attentamente, sia quella rotta specifica che più in generale il collegamento iraniano-russo». Ha aggiunto, inoltre, che l’amministrazione americana è preoccupata «per qualsiasi sforzo per aiutare la Russia a eludere le sanzioni». Il rappresentante speciale degli Stati Uniti in Iran – Robert Malley – invece, ha affermato che «qualsiasi nuovo corridoio commerciale deve essere esaminato come parte di quella che è diventata la sua massima priorità: fermare le spedizioni di armi tra i paesi».

In realtà, gli interessi commerciali di Russia e Iran vanno ben al di là del traffico di armi, estendendosi ai beni energetici e alle materie prime agricole, considerando che l’Iran è il terzo importatore di grano russo. I due Paesi hanno inoltre annunciato una serie di nuovi accordi comprendenti beni quali turbine, polimeri, forniture mediche e parti di automobili. In questo modo, Mosca prova a compensare la perdita dei mercati europei: l’Europa, infatti, prima dell’inizio delle operazioni militari in Ucraina era il suo primo partner commerciale. Nikolay Kozhanov, che ha lavorato come diplomatico del Cremlino a Teheran dal 2006 al 2009, ha affermato che in seguito alla chiusura delle reti di trasporto europee, il Cremlino si sta concentrando «sullo sviluppo di corridoi commerciali alternativi che sostengono la svolta della Russia verso est». Ha aggiunto anche che si possono imporre controlli sulle rotte marittime, «ma le rotte terrestri sono difficili da controllare. È quasi impossibile rintracciarle tutte». Si sta avverando così quanto l’ex diplomatico, considerato uno dei più importanti statisti viventi – Henry Kissiger – aveva consigliato alle potenze occidentali di scongiurare, vale a dire lo spostamento di Mosca verso le potenze asiatiche. Ciò, infatti, rafforzerebbe le potenze emergenti dell’Eurasia, indebolendo al contempo la centralità dell’Occidente e la sua capacità di controllo, come si sta puntualmente verificando. L’obiettivo deve essere quello di «tornare al corso storico per cui la Russia è parte del sistema europeo. La Russia deve svolgere un ruolo importante», aveva affermato [3] la scorsa estate lo statista americano.

Stanno, dunque, prendendo forma nuove alleanze geopolitiche e commerciali in grado di sgretolare progressivamente il dominio unipolare e di gettare le basi per nuovi assetti globali policentrici, in cui spiccheranno le potenze asiatiche. Non a caso, Russia e Iran stanno investendo miliardi per superare gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di questo obiettivo e le nuove rotte commerciali, insieme allo studio di nuovi sistemi finanziari internazionali, ne sono l’esempio più diretto. Il tutto paradossalmente incentivato dalla strategia sanzionatoria di Washington e delle potenze del G7.

[di Giorgia Audiello]