- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Gli abiti SHEIN ancora nel mirino: sostanze chimiche oltre i limiti di legge

Una nuova indagine di Greenpeace Germania ha portato il colosso della moda veloce SHEIN nuovamente sotto accusa [1]. Questa volta non si tratta dell’uso indisturbato di risorse, dell’impatto ambientale dell’azienda o dei dipendenti sottopagati e con diritti calpestati [2], ma della salute delle persone. Dopo le analisi effettuate in laboratorio su 47 capi firmati SHEIN acquistati in diversi Paesi europei, è emerso come alcuni prodotti del noto marchio fast fashion contengano sostanze chimiche pericolose a livelli maggiori di quanto consentito dalle attuali leggi europee, rendendo gli abiti dannosi per la salute di chi li indossa e anche di chi li crea, e non idonei alla vendita. In parole povere, a tutti gli effetti illegali.

Shein, fonte: Greenpeace

Il rapporto L’ultra fast fashion di SHEIN [3]: un modello di business insostenibile basato su sostanze chimiche pericolose e devastazione ambientale, cui titolo già parla chiaro, è stato condiviso da Greenpeace proprio per denunciare ciò che è emerso dopo analisi dei 47 capi acquistati poco prima del Black Friday. I risultati sono allarmanti [4]: la presenza di almeno una sostanza chimica pericolosa (dai ftalati, alle formaldeide o il nichel) è stata registrata nel 96% dei prodotti analizzati tra abiti e calzature per uomo, donna, bambino e neonato. Il 32 per cento (una quindicina) contengono sostanze chimiche dannose in quantità “solo” preoccupanti, il 15 per cento (circa 7 capi) invece in quantità pericolose e del tutto illegali, perché superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee. I quasi 50 prodotti SHEIN sono stati acquistati tra Italia, Austria, Germania, Spagna e Svizzera e rappresentano solo una minima parte di tutti i capi che ogni giorno vengono venduti in ogni parte del globo dall’enorme e potente e-commerce, il quale da poco è anche approdato nel mondo “fisico”.

Risultati analisi prodotti SHEIN, fonte: Greenpeace

Un’ulteriore dimostrazione della dannosità della produzione ultra veloce [5], che preclude disattenzione, poca qualità e a quanto pare un’imprenscindibile dipendenza dall’essere velenosi su più fronti. Le sostanze chimiche sono comode e convenienti solo per chi dai vertici guadagna, ma guadagna denaro macchiato di crimini. Perché quelli compiuti dall’azienda sono a tutti gli effetti crimini che pesano sulla salute dell’ambiente, dei lavoratori, dei consumatori. E comunque, sebbene ci siano prove, video, analisi di laboratorio, testimonianze e studi di scienziati ed esperti, SHEIN ha solo che avuto sempre più successo, potere e denaro.

L’azienda rappresenta un esempio eclatante ma gli attivisti, specialmente negli ultimi periodi, non si concentrano contro un solo brand bensì combattono la tendenza consumistica cara al mondo contemporaneo. Come riporta l’articolo di Greenpeace [6] che accompagna il nuovo rapporto, esiste un problema di fondo che dà sempre più potere alle aziende della moda ultra veloce ed è per questo che anche durante il Black Friday hanno avuto luogo proteste di forte impatto in diverse città, organizzate da gruppo quali Extinction Rebellion, che ormai da tempo chiedono a tutti di agire in nome del rispetto ambientale. Che questa volta sia quella ”buona” per portare chi acquista a scegliere con maggiore consapevolezza, visto che si parla di danni diretti alla salute? Eppure la già palese esistenza di un modello di business altamente insostenibile e che mai potrà coniugarsi a un futuro green dovrebbe essere più che sufficiente per comprendere come l’acquisto compulsivo di prodotti simili abbia un’impronta negativa. E come i consumatori dovrebbero essere sensibilizzati a riguardo, sarebbe bene i leader mondiali iniziassero ad assicurarsi che i colossi della moda veloce rispettino perlomeno le leggi esistenti, altrimenti le manovre per raggiungere gli obiettivi climatici non saranno altro che vani tentativi azzerati dai fin troppi lati oscuri di multinazionali quali SHEIN.

[di Francesca Naima]