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La Corte dei conti boccia le misure a favore del contante inserite in finanziaria

La Legge di bilancio del governo Meloni ha incontrato i primi ostacoli nell’audizione alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato: i giudici contabili, infatti, hanno contestato due misure contenute nella finanziaria, dichiarandole incoerenti con gli obiettivi di contrasto all’evasione fiscale presenti nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Si tratta della cancellazione dell’obbligo di accettare i pagamenti con il Pos sotto i 60 euro e dell’innalzamento del tetto al contante. Enrico Flaccadoro, presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, ha dichiarato che «l’innalzamento del tetto dei pagamenti e, in particolare, la non sanzionabilità dei rifiuti ad accettare pagamenti elettronici di un determinato importo possono risultare non coerenti con l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale previsto nel PNRR, e, segnatamente, con la riforma 1.12 del PNRR (Riforma dell’Amministrazione fiscale), nell’ambito della quale la Missione uno prevede specifiche misure volte, a contrastare l’evasione fiscale». Alla posizione della Corte dei conti si sono aggiunte non solo la Confindustria e le parti sociali, ma anche la Banca d’Italia.

Nonostante l’attuale governo non abbia mai messo in dubbio l’appoggio e la validità del PNRR, in linea con il precedente esecutivo, sulla questione del contante i due governi sembrano procedere in discontinuità. Mentre i principali organi economici e istituzionali nazionali si sono schierati apertamente nella lotta contro il contante, l’esecutivo di Giorgia Meloni sostiene la necessità di garantire la libertà di scelta di pagamento, un elemento che sembra urtare non poco l’establishment economico e industriale nostrano che punta all’eliminazione dell’uso della cartamoneta in nome della lotta all’evasione fiscale. Un approccio insolito se si pensa, da un lato, che la maggior parte dell’evasione fiscale va imputata alle grandi multinazionali che pur operando sul territorio nazionale, denunciano i loro introiti nei cosiddetti “paradisi fiscali” e, dall’altro, che ad oggi nessun Paese europeo ha anche solo ipotizzato una riduzione dei pagamenti in contante. L’Italia pare, dunque, essere capofila in quello che si presenta come un nuovo “esperimento” funzionale al cosiddetto “capitalismo della sorveglianza”, incline al controllo totale dei movimenti bancari dei cittadini. Controllo che in linea potenziale potrebbe servire – nei casi più estremi – per punire o scoraggiare eventuali comportamenti o azioni scomode, attraverso il congelamento dei conti bancari, come accaduto in Canada lo scorso inverno [1]. Ma anche, più semplicemente, per studiare e osservare gli acquisti dei cittadini a fini commerciali e di marketing, aumentando le possibilità di orientarne i gusti e le scelte.

Il ruolo peculiare dell’Italia in questo senso è confermato dal fatto che, ad esempio, la Germania non ha alcun limite e che la stessa Banca Centrale Europea (BCE) si è espressa [2] a favore dell’uso del contante: secondo l’Istituto di Francoforte, infatti, «Il contante è lo strumento di pagamento dominante nell’area dell’euro: la netta maggioranza dei nostri pagamenti quotidiani è effettuata utilizzando banconote o monete. Il contante è inoltre essenziale per l’inclusione dei cittadini socialmente vulnerabili, come gli anziani o le fasce della popolazione a più basso reddito». Secondo la BCE, il contante assicura a tutti «libertà e autonomia», in quanto «le banconote e le monete sono l’unica forma di denaro che le persone possono detenere senza l’intervento di terzi. Per pagare con il contante non serve avere accesso a particolari dispositivi, a una connessione Internet o alla rete elettrica; quindi, è possibile utilizzarlo anche quando non c’è elettricità o si smarrisce una carta di pagamento; inoltre, esso è considerato «inclusivo, veloce e sicuro» e «aiuta a mantenere traccia delle proprie spese», oltre ad essere «una riserva di valore». Il punto più importante sottolineato dalla BCE però è quello per cui il contante è l’unico strumento di pagamento ad avere corso legale: «i creditori, ad esempio negozi e ristoranti, non possono rifiutare il contante, a meno che non sia stata convenuta in precedenza con il cliente una forma di pagamento alternativa».

A fronte delle caratteristiche positive addebitate alla cartamoneta dall’Istituto bancario europeo, l’Italia costituisce un caso anomalo per cui il suo utilizzo non viene solo scoraggiato, ma direttamente demonizzato, tanto che nel PNRR sono previste «sanzioni efficaci in caso di rifiuto dei fornitori privati nell’accettare pagamenti elettronici», in vigore dallo scorso 30 giugno.

[di Giorgia Audiello]