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Oggi la popolazione sulla Terra raggiungerà gli 8 miliardi di persone

Secondo una proiezione [1] delle Nazioni Unite il 15 novembre 2022 il numero di esseri umani presenti sulla Terra toccherà per la prima volta quota 8 miliardi, un miliardo in più rispetto a dodici anni fa. Un numero troppo grande per essere compreso e rapportato alla realtà, ma non così impossibile da credere se si pensa che “nel tempo che impieghi a leggere queste due righe, la popolazione mondiale è cresciuta di circa 20 persone”, per citare l’esempio utilizzato [2] dall’Australian Broadcasting Corporation, la principale emittente radiotelevisiva australiana.

Certo, quella dell’ONU è sicuramente una data simbolica, seppur frutto di sue precise proiezioni – è impossibile stabilire il momento esatto in cui diventeremo 8 miliardi. Ma è, al di là di tutto, l’emblema dei progressi che la medicina e la scienza hanno fatto negli ultimi anni. La maggior parte delle persone vive meglio e più a lungo e la velocità con cui i bambini vengono al mondo ci pare sia aumentata vorticosamente. Su quest’ultimo punto però le cose stanno diversamente. Il tasso di fertilità negli ultimi anni è piuttosto basso: se non ce ne accorgiamo subito è perché le conseguenze diventano più visibili dopo alcuni anni. È il caso dell’India, ad esempio, paese abitato da un’alta percentuale di “giovani”: le previsioni dicono che [2], nonostante questo, la popolazione raggiungerà il picco di 1,6 miliardi nel 2049 e scenderà a 1,1 miliardi entro il 2100. La maggior parte della crescita della popolazione si concentrerà invece soprattutto in alcune zone [3] dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia – come Repubblica Democratica del Congo, Egitto, Etiopia, India, Nigeria, Pakistan, Filippine e Tanzania – dove l’accesso ai contraccettivi è ancora fortemente limitato, così come il rispetto dei diritti delle donne.

Molte di loro sono costrette ad accettare matrimoni precoci, o a lasciare la scuola per dedicarsi alla famiglia. L’accesso all’aborto è praticamente impensabile, anche in caso di stupro o malformazione del feto. È qui, dove in generale mancano istruzione e diritti che il tasso di fertilità rimane molto più alto della media. Un calo demografico sta investendo invece la Cina, paese che ha notoriamente combattuto per anni, con leggi specifiche, la sovrappopolazione (vedi politica del figlio unico [4]). Le stime dicono che [2] i residenti potrebbero arrivare a circa 730 milioni (dimezzandosi) entro il 2100. Un dato allarmante, soprattutto se si pensa che in molti paesi, ad esempio, il sistema pensionistico sta in piedi grazie alle persone che si trovano in età lavorativa. In un paese dominato da “anziani” possono esserci per questo molte più difficoltà finanziarie. 

Ed è così che dovrebbe andare. I dati dimostrano che [5], se la popolazione mondiale ha impiegato 12 anni per passare da 7 a 8 miliardi, per raggiungere i 9 miliardi impiegherà 15 anni (nel 2037). Nel periodo tra il 2020 e il 2021, ad esempio, la popolazione mondiale è cresciuta meno dell’1%. [6] Non accadeva dal 1950. Secondo le Nazioni Unite potremmo arrivare a sfiorare i 10 miliardi nel 2050, con un picco di 10,4 miliardi di persone [7] nel 2080. Una cifra che dovrebbe rimanere invariata fino al 2100.

Tuttavia, a prescindere dai numeri, usando le parole di Antonio Guterres [5], Segretario Generale delle Nazioni Unite, «se non colmiamo l’abisso tra chi ha e chi non ha, ci troveremo davanti un mondo forte di 8 miliardi di persone dominato da tensioni, sfiducia, crisi e conflitti». Il divario tra ricchi e poveri è infatti ancora molto ampio e causa già decine di conflitti. Basti pensare che l’1% più ricco intasca un quinto del reddito mondiale e che i cittadini dei paesi più ricchi hanno un’aspettativa di vita più lunga di 30 anni rispetto a quelli dei più poveri. «Man mano che il mondo è diventato più ricco e più sano, anche queste disuguaglianze sono cresciute» e tutta un’altra serie di questioni (come il riscaldamento globale) «stanno innescando rabbia e risentimento contro i paesi sviluppati», ha ribadito Guterres.

Guterres ha ragione. Vivere in un pianeta abitato da 8 miliardi di persone ha – non poche – conseguenze e comporta delle responsabilità collettive. Prima di tutto nei confronti del pianeta stesso: la nostra crescita influenza lo sviluppo delle altre specie, per diversi motivi. Tra cui lo spazio e il nutrimento. In un articolo pubblicato [8] su New Scientist si legge che “tre quarti di tutta la terraferma e due terzi degli oceani sono già stati significativamente alterati dalle persone”. Questo perché chiediamo dal pianeta molto più di quanto ci possa dare. Uno studio del 2020 [9] ha calcolato che il nostro attuale sistema alimentare può nutrire in modo sostenibile “solo” 3,4 miliardi di persone. Significa che dare da mangiare alle restanti equivale a sfruttare la Terra più di quanto potrebbe. L’unica soluzione a disposizione è il cambiamento dei metodi produttivi, a cominciare dal cibo [10].

In generale sappiamo che le comunità più vulnerabili saranno le più colpite, in un modo o nell’altro, perché come ha detto la demografa Elin Charles-Edwards «se sei ricco, sei in grado di adattarti e trovare un’alternativa», ma se non lo sei devi convivere e sopravvivere alla realtà.

[di Gloria Ferrari]