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Gas, Ucraina e debito: le mosse “rassicuranti” di Giorgia Meloni

Con la preoccupazione del risultato elettorale [1] alle spalle, le forze di centro-destra hanno iniziato a concentrare le energie sulla composizione del governo che verrà. È il tempo delle trattative sulle poltrone, dei malumori, delle indiscrezioni e delle famose voci di corridoio che infiammano i palazzi romani. Sui quotidiani maistream impazzano i retroscena, genere sub-giornalistico che molto spesso alimenta panzane colossali con ampio uso di presunte fonti riservate e voci di corridoio. Ma che risulta ad ogni modo utile per capire l’aria che tira tra i partiti di centro-destra in vista della formazione del governo. In particolare, l’ipotesi – che in quanto tale va presa con le pinze – secondo cui Giorgia Meloni starebbe pensando di affidare una buona parte dell’esecutivo a figure tecniche sta rimbalzando negli ambienti di Forza Italia e Lega. La Repubblica si è spinta ad affermare che la presidente del Consiglio in pectore avrebbe stretto un patto con Mario Draghi: aiuto in Europa in cambio di politiche allineate su Ucraina, NATO e debito pubblico. Tesi prontamente smentita [2] da palazzo Chigi.

L’esecutivo che presterà giuramento nelle prossime settimane sarà formato con ogni probabilità da una ventina di ministri, in linea con le esperienze del Conte II (22) e Draghi (23). Nei prossimi giorni i partiti scopriranno le proprie carte, indicando i ministeri (e forse i nomi) desiderabili. Domani sarà il turno della Lega, a margine della riunione di partito convocata da Matteo Salvini. Ci si aspetta poi la risposta da Arcore, con i forzisti che chiedono pari “dignità e analogo trattamento” rispetto al Carroccio. Per il momento Giorgia Meloni non si è sbilanciata e a fine settembre ha dichiarato: «Dopo fallimentari gestioni come quella di Speranza & Co. vi assicuro che stiamo lavorando a una squadra di livello che non vi deluderà». In attesa di maggiori informazioni, gli ambienti di Forza Italia e Lega sono stati scossi da un’indiscrezione, secondo cui Giorgia Meloni starebbe pensando di affidare parte dei ministeri (come Economia e Sanità) a profili tecnici. «Noi siamo per un governo politico, poi se c’è qualche personaggio, donna o uomo, che nella sua vita ha raccolto un’esperienza tale da essere al governo senza stare in Parlamento, questo ovviamente può accadere, ma devono essere dei casi, non la regola», ha commentato Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia.

L’ipotesi di una forte presenza tecnica all’interno del prossimo esecutivo, guidato con ogni probabilità da Giorgia Meloni, assume valore alla luce delle dichiarazioni di fedeltà nei confronti di Bruxelles proprio da parte della leader di Fratelli d’Italia. Sembrano lontani i tempi in cui Meloni definiva l’UE «marcia [3] fin nelle fondamenta» o «l’euro [4] una moneta sbagliata destinata a implodere». In seguito all’annuncio del cancelliere tedesco Olaf Scholz di un maxi-piano da 200 miliardi di euro per contrastare il caro bollette (arrivato dopo mesi di mancate intese comunitarie), Giorgia Meloni ha rilanciato il disappunto condiviso da Mario Draghi in una nota in cui si riaffermava l’esigenza di un piano europeo contro la crisi del gas. L’avversione comunitaria ha lasciato spazio al consenso anche in campagna elettorale quando, parlando dell’emergenza bollette, Meloni ha ribadito il suo no allo scostamento di bilancio e alla conseguente crescita del debito pubblico, rendendo più sereni i funzionari di Bruxelles, un po’ meno l’alleato Salvini. La presenza tecnica [5] nel prossimo esecutivo non vorrebbe dire imparzialità (come spesso erroneamente veicolato) ma concentrazione sul raggiungimento degli obiettivi economici fissati dall’esterno e dunque dall’Unione Europea. La strada tecnica, che di per sé è una chiara scelta politica, potrebbe rassicurare gli ambienti comunitari e l’élite finanziaria, preoccupati dallo “strappo [6]” del nuovo esecutivo con il governo Draghi e la sua agenda.

[di Salvatore Toscano]