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I No TAV riempiono la Val Susa: media e politici hanno già trovato il capro espiatorio

Sabato pomeriggio un corteo composto di migliaia di manifestanti No TAV, organizzato nell’ambito del Festival Alta Felicità, ha sfilato da Venaus a San Didero per andare a protestare davanti ai cancelli dell’Autoporto. Nel corso della manifestazione i presenti hanno messo in atto alcune iniziative di protesta quali la battitura dei cancelli e la rimozione di parte del filo spinato che circonda il cantiere. La risposta della polizia non si è fatta attendere, con l’utilizzo di idranti diretti contro i manifestanti. Nei resoconti della Questura (“ricostruzioni fantasiose”, a detta dei No TAV) si parla del lancio di sassi, petardi e bombe carta contro gli agenti, con il ferimento di 14 di questi. Nonostante le dinamiche non siano state ancora chiarite e le immagini delle supposte violenze siano al vaglio della questura, tutti i principali fronti politici hanno duramente criticato quanto avvenuto ed espresso solidarietà con gli agenti, additando nuovamente il centro sociale Askatasuna come principale vettore delle violenze.

Dalla sinistra giungono le parole [1] di Nadia Conticelli, capogruppo Pd del Comune di Torino, e Marcello Mazzù, segretario metropolitano del Pd Torino, che scrivono in una nota come quanto accaduto rappresenti «Una guerra senza fine con l’unico scopo di perpetrare una violenza fine a se stessa. Auspichiamo che i ragazzi e le ragazze del Friday condannino questi episodi. Chi ha a cuore ambiente e territorio prenda le distanze da organizzazioni criminali come Askatasuna, che speculano sulle battaglie ecologiche e sociali». Come si sia finiti a mettere in mezzo a tutto questo i Fridays For Future è un’incognita dall’aroma di strumentalizzazione politica.

«È intollerabile che le vite di chi lavora nel cantiere, come quella di chi presidia il territorio per renderlo sicuro, siano a rischio costante» affermano [2] Paolo Damilano, capo dell’opposizione in Comune, ed Elena Chiorino, assessora regionale. Quello che dimenticano di citare entrambe è che nel cantiere, di fatto, non lavora nessuno: si tratta di una struttura [3] vuota, un’area di ben 68 mila metri quadri militarizzata e presidiata giorno e notte da centinaia di agenti, nonostante il bando per la realizzazione del progetto sia stato definitivamente ritirato il 6 maggio scorso.

Il sindacato di polizia Consap si spinge addirittura a dichiarare che «Il livello di scontro ha un solo obiettivo, il morto». Gli scontri [4] sono stati «di inaudita violenza» e testimoniano «un disegno criminale» il cui obiettivo è «una vittima». A nemmeno 48 ore dai fatti e apparentemente senza prove certe il verdetto di mezzi di informazione, politica e questura è uno: si tratta di un’operazione ordita dai “criminali dei centri sociali, Askatasuna in testa”. Il nome del centro spicca infatti su ciascun articolo di giornale che citi la notizia e viene additato come principale responsabile di quanto accaduto. La risposta, pubblicata dagli stessi militanti [5] No TAV sul proprio sito, è chiara: quelle messe in atto da polizia e mezzi di informazione sono «ricostruzioni fantasiose» e «tentativi di screditare il movimento».

Certo, i fatti di sabato costituiscono la ciliegina sulla torta per un contesto dove l’operazione di criminalizzazione [6] del centro sociale antagonista Askatasuna sembra giunta finalmente al proprio culmine: sono 28 i militanti rimandati a giudizio, 16 dei quali dovranno rispondere dell’accusa di associazione a delinquere. In una nota il centro sociale dichiara: «La scure abbatte su chi non ci sta. E finisce che chi lotta è un delinquente. Se questo non significasse anni di galera per i compagni, farebbe ridere».

[di Valeria Casolaro]