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A Teheran si è tenuto un importante incontro tra Iran, Russia e Turchia

La visita di ieri del presidente russo Vladimir Putin in Iran, dove ha incontrato prima il presidente Ebrahim Raisi e il leader supremo Ali Khamenei e successivamente il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan, ha posto un altro importante tassello nella costruzione di un blocco internazionale alternativo a quello Occidentale. Dopo gli incontri bilaterali tra i Presidenti, si è svolto il Vertice trilaterale di Teheran nel formato di Astana che aveva in agenda la questione siriana e che si è concluso con il rilascio di una dichiarazione congiunta tra i tre Stati. Gli esiti più rilevanti dal punto di vista degli equilibri politico-economici globali, tuttavia, sono emersi dai colloqui bilaterali: al riguardo, i punti più importanti trattati comprendono il rafforzamento dell’asse economico-industriale tra Teheran e Mosca e la questione finanziaria: Iran e Russia – i due Paesi più sanzionati al mondo ed esclusi dal sistema bancario SWIFT controllato dagli Stati Uniti – hanno deciso di creare un proprio sistema di pagamenti. Sul fronte delle relazioni con Erdogan, invece, oltre alla questione dello sblocco del grano nei porti ucraini, rispetto alla quale il presidente turco fin dall’inizio si è posto come mediatore, sono emerse le divergenze sulla Siria tra Iran e Russia da un lato e Turchia dall’altro, ma anche alcune concordanze di fondo.

Il viaggio è importante anche perché è il primo di Putin fuori dai territori dell’ex Unione Sovietica dall’inizio delle operazioni militari in Ucraina e ha visto il leader russo incassare un primo significativo successo a livello della diplomazia internazionale, subito dopo il flop della missione di Biden [1] in Medioriente. Il capo del Cremlino ha espresso soddisfazione per la visita in Iran, affermando [2] che le relazioni commerciali tra i due stati «stanno progredendo rapidamente». «Possiamo vantare cifre record in termini di crescita commerciale» ha aggiunto. Infatti, oltre ad aver consolidato con la Repubblica islamica l’asse del fronte anti-NATO, dal punto di vista economico la National Iranian Oil Company (NIOC) e la russa Gazprom hanno firmato [3] un memorandum d’intesa del valore di circa 40 miliardi di dollari: si tratta del più grande investimento estero della storia dell’industria petrolifera iraniana. L’accordo prevede lo sfruttamento di uno dei più grandi giacimenti di gas al mondo, il North Pars, insieme ad altri sette campi di estrazione. Il North Pars era ambito anche da molte compagnie occidentali, tra cui l’italiana ENI, ma le sanzioni di Trump hanno infranto qualsiasi possibilità di accordo e collaborazione.

Sul fronte finanziario, invece, l’iniziativa di creare un sistema di pagamenti alternativo allo SWIFT risulta dirompente, in quanto andrebbe ad intaccare ed erodere il potere del dollaro, già parzialmente indebolito dai nuovi meccanismi di pagamento per il gas e sul quale si fonda l’egemonia globale dell’architettura economico-finanziaria occidentale. L’Iran adotterà il software di pagamento russo a cui potranno aderire anche banche di altre Paesi, una volta consolidatosi. Allo stesso tempo, Mosca e Teheran stanno valutando l’introduzione delle carte di credito MIR – il sistema di pagamento russo – in Iran, di modo che i cittadini dei due Paesi potranno prelevare nei bancomat di entrambi gli Stati. Sulla questione del dollaro, l’ayatollah Khamenei è stato chiaro: «il dollaro USA dovrebbe essere gradualmente tolto dal commercio globale» ha affermato [4]. A tal proposito, a inizio settimana, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha spiegato che la Russia abbandonerà gradualmente il dollaro USA nel commercio con l’Iran e, in seguito all’annuncio, ieri la borsa di Teheran ha lanciato [5] le negoziazioni nella coppia di valute rublo russo e rial iraniano.

Dopo gli incontri bilaterali, si è svolto quello che è stato il VII Vertice trilaterale del Processo di Astana: si tratta di un processo per la pace in Siria promosso nel 2017 da Russia, Iran e Turchia ad Astana, vecchio nome della capitale del Kazakistan dove per la prima volta i leader dei tre Paesi hanno avviato il dialogo per il processo di stabilizzazione siriano. Il formato di Astana è parallelo a quello ufficiale di Ginevra, presieduto dalle Nazioni Unite. Nel VII Vertice di ieri, i presidenti dei tre Stati hanno rilasciato una dichiarazione congiunta [6], nella quale hanno ribadito l’importanza dell’integrità territoriale della Siria sulla quale il governo siriano deve avere piena sovranità. Hanno inoltre condannato «i continui attacchi militari israeliani in Siria», sottolineando di considerarli come «una violazione del diritto internazionale, del diritto umanitario internazionale, della sovranità e dell’integrità territoriale della Siria», oltreché «come destabilizzante e intensificante la tensione nella regione».

Non mancano, tuttavia, le divergenze tra i tre Paesi, in quanto – come noto – mentre Iran e Russia sostengono il legittimo governo di Bashar al-Assad, la Turchia sostiene i ribelli e ha da tempo mire sui territori al confine turco-siriano, lungo il quale vorrebbe costruire una zona di sicurezza profonda 30 chilometri. In questa stessa zona, Erdogan vorrebbe portare avanti un’operazione militare contro le forze curde, ritenute terroriste dalla Turchia. Tutto ciò incontra l’opposizione di Iran e Russia: il capo del Cremlino ha, infatti, esortato Erdogan a procedere con cautela nei territori siriani, mentre Khamenei ha ammonito il Presidente turco dicendo che «qualsiasi attacco alla Siria sarebbe dannoso per la Turchia e per la regione, a beneficio dei terroristi». Infine, il ministro degli esteri iraniano ha fatto sapere di essere contrario alla creazione della fascia di sicurezza che vorrebbe Erdogan lungo il confine tra i due Paesi.

Nonostante le visioni opposte su questo punto, i tre leader concordano pienamente sul fatto che gli Stati Uniti debbano lasciare la sponda orientale dell’Eufrate. Putin ha dichiarato [7] che «ci sono alcune divergenze riguardo a ciò che sta accadendo sulla sponda orientale dell’Eufrate. Ma abbiamo una posizione condivisa secondo cui le truppe americane devono lasciare questo territorio». Similmente, Raisi in conferenza stampa ha osservato [8] che «la presenza degli americani nella regione dell’Eufrate orientale con qualsiasi pretesto non è giustificabile e dovrebbero ritirarsi dall’area».

Insieme alla stabilizzazione della Siria, gli accordi tra Russia e Iran, la mediazione con Erdogan e l’affrancamento del Medioriente dalle linee di Washington – anche grazie all’abile lavoro diplomatico russo – segnano una nuova fase delle relazioni internazionali e dei rapporti di forza, in cui Mosca appare tutto fuorché isolata e in cui l’Eurasia è pronta ad emergere come protagonista del teatro geopolitico globale.

[di Giorgia Audiello]