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Mano sul cuore all’inno USA e alleanza con Macron: Di Maio ormai è senza ritegno

Luigi Di Maio ha solennemente ultimato la sua giravolta politica, giurando fedeltà agli assi portanti dell’establishment americano ed europeo con un bell’inchino finale. Dopo la rottura con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, di cui era stato simbolo e capo politico nella sua ascesa verso il 33% alle elezioni del 2018, e l’ufficializzazione della nascita del suo nuovo gruppo parlamentare Insieme per il Futuro, il ministro degli Esteri ha piazzato a stretto giro un clamoroso uno-due da navigato governista.

Il primo atto ha avuto luogo in occasione dell’aperitivo [1] organizzato per le celebrazioni del giorno dell’Indipendenza Usa, tenutosi il 30 giugno (in anticipo sul 4 luglio) all’ambasciata americana a Roma, a cui di Maio ha partecipato alla presenza di Nancy Pelosi, speaker della Camera americana, in pole position per diventare la nuova ambasciatrice nella Capitale. «Davanti all’atroce guerra della Russia all’Ucraina non ci possono essere dubbi, stiamo dalla parte giusta della storia», ha detto Di Maio, lanciando implicite frecciatine a Conte e alla cautela con cui il M5S sta gestendo la questione armi. «La nostra comune appartenenza all’Alleanza Atlantica, la nostra unità di intenti e di azione sono la chiave per fronteggiare le sfide comuni e difendere la pace». Forse eccessivamente preso dalla voglia di accreditarsi come partner di ferro davanti alle autorità a stelle e strisce, Di Maio si è lasciato andare a un atto del quale non si ricordano precedenti, portandosi la mano al cuore [2] davanti alla sfilata dei marines.

Di Maio, accompagnato dalla sua compagna Virginia Saba, è stato raggiunto anche da alcuni tra i più noti ex 5 Stelle che l’hanno seguito nella “scissione”, come Vincenzo Spadafora e Manlio Di Stefano, un tempo fortemente critico verso la Nato. Presente anche il capogruppo alla Camera dei 5 Stelle Davide Crippa, vicinissimo a Grillo e convintamente governista.

A dir la verità, Di Maio non è stato il solo leader a partecipare alla cerimonia: presente con la fidanzata il segretario della Lega Matteo Salvini, che appare sempre più in difficoltà a restare in equilibrio tra il suo ruolo di uomo di governo e politico “di piazza”, e la leader di Fdi Giorgia Meloni, che nell’ultimo periodo ha a più riprese ribadito la sua fedeltà [3] all’Alleanza Atlantica e, seppur dalle file dell’opposizione, alla linea dell’Esecutivo sull’invio delle armi all’Ucraina. Una Meloni che, il giorno successivo, ha addirittura ricevuto le lodi [4] del ministro degli Esteri, il quale ha dichiarato in conferenza stampa che di fronte a una guerra che «sta producendo effetti economici in tutto il mondo» e a «problemi rispetto a cui abbiamo bisogno di unità», paradossalmente «alcuni partiti di opposizione (chiaro riferimento a Fdi, ndr) si dimostrano a volte più responsabili di alcuni partiti della maggioranza».

Non fosse abbastanza, il leader di Insieme per il Futuro ha voluto spingersi oltre. A margine del vertice Nato di Madrid di fine giugno, Di Maio ha infatti incontrato [5] Emmanuel Macron, una delle personalità politiche europee tradizionalmente più invise all’universo pentastellato (basti ricordare il viaggio di cui si rese protagonista lo stesso Di Maio nel 2019, quando da vicepremier incontrò a Montargis i gilet gialli in ottica anti-macroniana). Dal Presidente francese, Di Maio ha ottenuto il via libera per fare confluire il suo gruppo politico, attualmente rappresentato nel Parlamento europeo da due deputate, nel partito centrista europeo Renew, fondato dallo stesso Macron. Nello stesso gruppo sono presenti anche i due “centristi” per eccellenza della politica italiana: Matteo Renzi e Carlo Calenda.

In una manciata di giorni, le manovre politiche di Di Maio hanno puntato tutte nella medesima direzione: rinfoltire di truppe l’Esecutivo per metterlo al sicuro dai “moti”, a dir la verità ancora timidi e disordinati, del Movimento 5 Stelle, costituendo di fatto la stampella privilegiata di Mario Draghi, e accreditarsi come nuovo punto di riferimento dell’area centrista.

Eppure, come ampiamente prevedibile, i sondaggi non sorridono ai “dimaiani”. Secondo Ipsos, in questo momento “Insieme per il Futuro” sarebbe fermo al 2,3%. Il risultato non sorprende: l’ex capo politico dei 5 Stelle, che ha scelto di legare a doppio filo la sua esperienza professionale a quel sistema di potere che prima lo umiliava, affibbiandogli un giorno sì e l’altro pure l’etichetta di “bibitaro” e che ora, nel momento del bisogno, lo accoglie a braccia aperte [6], per lo zoccolo duro dei 5 Stelle sarà per sempre “il traditore”, mentre l’elettorato moderato (a dir la verità, in Italia e in Europa sempre più esiguo, come dimostrano i risultati delle ultime votazioni) ha al momento ben altri punti di riferimento. Sarà per questo che Di Maio, la cui comunicazione social ormai iper-istituzionale contempla decine di fotografie che lo ritraggono, tra sorrisi e strette di mano, accanto a presidenti ed omologhi europei e mondiali, non ha ancora trovato il tempo di pubblicare un post di presentazione del suo nuovo progetto politico? Forse, il timore (o, per meglio dire, la certezza matematica) di essere subissati da commenti poco simpatici, alle volte porta a tenere il freno a mano tirato anche ai politici “di professione”.

[di Stefano Baudino]