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Gli indigeni dell’Amazzonia colombiana verso la riconquista dell’autogoverno

Una misura apparentemente ovvia, ma che in Colombia potrebbe essere (ri)conquistata dopo secoli per la prima volta al mondo. In Colombia i dipartimenti abitati dalle comunità indigene di Amazonas, Guainía e Vaupés potrebbero molto presto essere riconosciuti come “entità territoriali indigene [1]” (ITE). Se così fosse, questi territori torneranno ad autogovernarsi rispetto ad un’ampia gamma di temi, godendo ad esempio di autonomia finanziaria e, più in generale, di una certa indipendenza decisionale. Si tratterebbe naturalmente di un riconoscimento molto importante, previsto a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale che nel settembre del 2021 ha imposto al Governo di prendersi carico e valutare, oltre a quelle di Amazonas, Guainía e Vaupés, tutte le richieste di questo tipo.

Per i rappresentanti dei dipartimenti, che si sono riuniti per la prima volta a Bogotà tra il 16 e il 20 maggio, è stata una grossa sorpresa ritrovarsi a parlare della possibilità che i loro territori diventino entità territoriali. Di fatto queste avrebbero la stessa autonomia e autorità di un comune o di un dipartimento, esercitando maggiore potere sulle proprie risorse, anche quando queste vengono prelevate dallo Stato. In altri termini, significherebbe stilare i propri piani di sviluppo in materia di organizzazione del territorio, o del mantenimento dell’ordine pubblico ad esempio.

«Potrebbe diventare la prima regione al mondo in cui le popolazioni indigene hanno i poteri politici e amministrativi per gestire i loro territori, secondo i loro sistemi di conoscenza, e in modo coordinato e articolato con il governo centrale» ha riferito [1] l’associazione Gaia Amazonas. Un esempio che potrebbe essere seguito in altre parti del mondo dove la tutela dell’ambiente ha bisogno di maggiori garanzie.

Il riconoscimento dei diritti, dei loro territori e del sistema di governo adottato sono da sempre temi centrali nella lotta indigena. Le popolazioni locali sono infatti considerate le uniche a sapersi prendere cura della terra, rispettandone i suoi cicli vitali e le sue risorse. La creazione di ITE potrebbe inoltre agevolare il processo di conservazione della cultura locale, le cui decine di sfaccettature si spalmano su un territorio di circa 10 milioni di ettari di foresta quasi totalmente incontaminata. Questo spazio raccoglie 43 popoli indigeni diversi, che parlano 40 lingue differenti e il cui fulcro vitale è proprio il rispetto e la salvaguardia della natura. Infatti le persone si prendono cura delle loro colture, costruiscono oggetti d’artigianato intrecciando i filamenti provenienti dalle palme e vivono seguendo il ritmo delle stagioni.

Il rispetto della loro individualità non è sempre stato tutelato dalla legge. La Costituzione colombiana ha riconosciuto per la prima volta la presenza di una forte diversità etnica e culturale nel Paese solo nel 1991.  Non significa che da quell’anno le cose siano totalmente cambiate in meglio. Anzi, il 37% dell’Amazzonia colombiana vive ancora in un limbo legale [2], senza una chiara regolamentazione che le governi.

«Il governo non vuole che gli indigeni si governino da soli. Non accetta che sappiano come gestire le risorse», ha detto [3] Luis Andrés Tabaquen, rappresentante legale del Medio Rio Guainía Resguardo, un altro territorio cioè che persegue il riconoscimento ITE. È molto probabile che il motivo abbia a che fare col denaro. I popoli indigeni dell’Amazzonia, che difendono la terra e le sue risorse, sono considerati un ostacolo per lo sviluppo economico della Colombia [4] e dei suoi rapporti con i Paesi esteri. Proprio per questo motivo, per anni le comunità locali hanno subito (e continuano a subire) minacce, violenze e schiavitù. [5]

Ma le cose potrebbero in parte cambiare e quella del riconoscimento dell’ITE è una delle strade percorribili. I primi sviluppi decisivi potrebbero esserci all’inizio del prossimo anno.

[di Gloria Ferrari]