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Cos’è il Golden Power, l’arma usata da Draghi per frenare la Cina

Il Governo sarebbe stato «convintamente europeista e atlantista», diceva Mario Draghi in occasione del suo insediamento, un proposito che l’attuale Presidente del Consiglio sta difendendo con i denti anche in quei contesti che non finiscono sotto i riflettori. Superato il palcoscenico che si è creato attorno a guerra, pandemia e alti costi della vita, la politica sta infatti sfruttando il cosiddetto “golden power” per frenare l’avanzata dell’influenza cinese.

Con l’anglicismo golden power si vanno a sintetizzare colloquialmente quei “poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale” che il Governo italiano si è garantito con il d.l. 15 marzo 2012 n. 21 [1], ovvero la possibilità di porre condizioni e veti nell’acquisizione estera di aziende italiane considerate strategiche. Tra la crisi economica, la vulnerabilità imprenditoriale post-pandemica e il rimodellamento della globalizzazione, questi poteri sono sempre più al centro delle strategie estere, in Italia come altrove [2].

A inizio giugno, l’opzione di intervento è stata sfruttata dall’Amministrazioni Draghi per bloccare i desideri di espansione della cinese Efort Intelligent Equipment (Efort), la quale aveva intenzione di espandere la propria quota azionaria della piemontese Robox, passando così dal 40 al 49%. Stando a quanto riportato dalla stampa estera [3], l’intenzione di Efort era quella di garantirsi il codice sorgente e i dati tecnici alla base del software che ottimizza la gestione del motion control robotico-industriale.

L’unione non s’ha però da fare e non si tratta di un caso isolato. Se è vero che nel 2019 il Governo Conte aveva firmato l’adesione alla nuova via della seta, è anche vero che l’impegno commerciale con la Cina è stato osteggiato non appena Draghi è salito al potere. Dal 2021 a oggi, la politica ha bloccato cinque differenti progetti di investimento: due riguardavano il campo dei semiconduttori, uno l’attività agroalimentare, uno la vendita di droni militari, infine il caso sopra citato.

Le carte firmate da Conte scadranno nel 2024 e non è detto che verranno rinnovate, se non altro perché le azioni del Governo danno a intendere che l’atlantismo rappresenti la strada maestra da perseguire a ogni costo, anche quando gli avversari degli Stati Uniti ci offrono alternative migliori e a prezzi più contenuti. Allo stesso tempo, l’intervento della politica nel Mercato si sta dimostrando sempre più essenziale nel tutelare la resistenza di un Paese.

In diverse occasioni si è scoperto che la tecnologia cinese – ma anche quella statunitense – ha violato i contratti e le leggi europee pur di raccogliere dati e avvantaggiare i propri interessi nazionali, pertanto la cautela non è affatto ingiustificata. Nonostante l’Italia sia spesso bistrattata per la sua arretratezza nell’abbracciare massivamente il digitale, bisogna dunque ricordare che le imprese nostrane rappresentino comunque un’avanguardia della robotica industriale e che lo svenderle a potenze straniere non farebbe altro che impoverire la nazione.

Non ha senso criticare il golden power in quanto fenomeno, tuttavia è necessario registrare come questo sia sempre più al centro della vita diplomatica europea, spesso utilizzato come strumento geopolitico.

[di Walter Ferri]