- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

Le elezioni francesi preoccupano le élite: Macron ha perso la maggioranza

Il secondo mandato di Emmanuel Macron sarà da presidente azzoppato, privo cioè di una maggioranza parlamentare in grado di approvarne i provvedimenti senza trovare faticose intese con le opposizioni. È quanto hanno sancito i risultati delle elezioni legislative svoltesi in Francia nella giornata di ieri, 19 giugno. Il partito del presidente, La République en marche, ha infatti perduto la maggioranza assoluta dei seggi, riuscendo ad eleggere solo 245 deputati rispetto ai 289 necessari per formare la maggioranza. Un risultato che preoccupa i mercati internazionali che hanno da tempo eletto Macron ad uno dei loro uomini di punta del panorama politico europeo, con il presidente del World Economic Forum, Klaus Schwab, che aveva definito [1] il presidente francese – insieme al premier italiano Mario Draghi – un «pioniere» della cosiddetta governance 4.0, la nuova era in cui i governi democratici si rendono conto di «non avere tutte le risposte» e decidono le politiche insieme ai portatori d’interesse globali.

Le opposizioni con le quali il partito di Macron si troverà a dover trattare non sono certo agevoli. Quella numericamente più rilevante sarà l’alleanza di sinistra radicale Nupes, guidata dal leader de La France Insoumise, Jean-Luc Melanchon (135 seggi) seguita dalla destra del Rassemblement National di Marine Le Pen (89 seggi). Con Melanchon e Le Pen non vi è alcuna possibilità di formare un governo, ed è quindi ovvio che le attenzioni del partito di Macron si siano da subito rivolte al quarto in comodo, il partito di centro-destra dei Repubblicani, i cui 61 deputati potrebbero fornire una maggioranza più o meno stabile al presidente. Ma il leader della formazione, Christian Jacob, ha spento l’ipotesi sul nascere dichiarando: «Abbiamo fatto una campagna all’opposizione, siamo all’opposizione e rimarremo all’opposizione».

Probabile a questo punto che La République en marche dovrà formare un governo di minoranza, andando a cercare di volta in volta maggioranze parlamentari diverse per approvare ogni singolo provvedimento. Una missione che appunto non sarà agevole, perché le opposizioni del Nupes e del Rassemblement National – seppur da fronti contrapposti – si preannunciano severe su molti punti caldi. In economia ad esempio i programmi del leader della sinistra radicale Melenchon sono incompatibili con la dottrina neoliberista di Macron, chiedendo nuove tutele per i lavoratori, aumento degli stipendi e dello stato sociale, e l’abbassamento a 60 anni dell’età pensionabile. Lo stesso vale in politica estera dove sia Melenchon che Le Pen vogliono la fine immediata dell’invio di armi verso l’Ucraina e sono in posizione fortemente critica verso la stessa collocazione della Francia all’interno della NATO. Forti le tensioni anche su alcuni punti cardine della politica interna, come certificato ad esempio dalla lunga battaglia parlamentare che Macron dovette ingaggiare per fare approvare l’obbligo vaccinale e il green pass, definito da Melenchon «una misura che crea una società di controllo permanente che è insopportabile e assolutamente iniqua».

Ad ogni modo, il fatto che i 61 deputati dei Repubblicani basteranno a garantire una maggioranza al partito di Macron dovrebbero fornire una stampella sufficiente quantomeno nei passaggi parlamentari più delicati della politica estera ed economica, mantenendo l’ancoraggio di sicurezza della Francia al sistema atlantico che tanto preoccupa i think tank globalisti. Tuttavia i risultati delle elezioni dimostrano che in Francia, dopo lunghi anni di tensioni sociali e politiche, è ufficialmente iniziata una nuova fase politica, nella quale le forze che si oppongono al sistema, se manterranno dritta la barra politica nonostante le pressioni politico-economiche che senza dubbio cercheranno di spingerle verso posizioni “responsabili”, avranno la reale possibilità di introdurre nuovi rapporti di forza e di mettere ripetutamente i bastoni tra le ruote dell’agenda di Emmanuel Macron.

[di Andrea Legni]