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Il Nicaragua apre le porte alle forze militari russe

Il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha autorizzato, a partire dal prossimo primo luglio, l’ingresso nel Paese a truppe, aerei e navi russe per scopi di addestramento, pubblica sicurezza e risposta alle emergenze, rafforzando così la storica vicinanza politica con la Russia. Il decreto, pubblicato in Gazzetta ufficiale martedì scorso, precisa che l’ingresso sarà consentito fino al prossimo 31 dicembre e autorizza anche la partecipazione di soldati provenienti da Cuba e Messico. Le truppe russe potranno svolgere compiti di polizia, missioni di aiuto umanitario e salvataggio e ricerca in caso di disastri naturali o emergenze.

Secondo la stampa nicaraguense, le esercitazioni congiunte erano state già concordate da tempo tra i presidenti Putin e Ortega: quest’ultimo – presidente dal 1985 al 1990, prima di essere rieletto nel 2007 – è vicino a Mosca sin dai tempi della rivoluzione sandinista del 1979 che spodestò il dittatore Anastasio Somoza, alleato degli Stati Uniti. Non stupisce, dunque, che il Nicaragua sia uno dei pochi Stati al mondo ad avere riconosciuto l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, le regioni filo-russe separatiste della Georgia, così come ad avere aperto un consolato a Sebastopoli, in seguito all’annessione russa della Crimea. Similmente, Ortega ha definito la guerra in Ucraina come un’operazione per mettere in sicurezza Donetsk e Lugansk, prendendo apertamente posizione a favore del Cremlino .

Nonostante non sia la prima volta che Managua ospita truppe russe per esercitazioni congiunte, in questo caso la notizia assume una valenza particolare a causa del contesto geopolitico e delle forti tensioni createsi tra Russia e USA per via del conflitto in Ucraina. In virtù di questi fatti, l’iniziativa politico-militare di Russia e Nicaragua è stata interpretata da più parti come la volontà di rispondere a quelle che vengono considerate provocazioni da parte degli Stati Uniti: da decenni ormai la Russia denuncia l’allargamento a est dell’Alleanza Atlantica, considerata una minaccia dal Cremlino, mentre Paesi come Nicaragua, Cuba e Venezuela nutrono ostilità nei confronti dell’egemonia statunitense e per questo sono stati inseriti da Washington nella lista dei cosiddetti “Stati canaglia”. Un’ostilità ora ulteriormente accresciuta dalla decisione della Casa Bianca di non invitare al Vertice delle Americhe [1] alcuni Stati sudamericani – tra cui proprio Nicaragua, Cuba e Venezuela – creando così forti tensioni nella regione.

Come prevedibile, l’apertura delle frontiere nicaraguensi alle truppe russe non è piaciuta all’amministrazione americana: già lo scorso 31 marzo, infatti, Kerry Hannan, funzionario del Dipartimento di Stato, in un’Audizione della Commissione Affari Esteri del senato USA aveva affermato [2] che «la Russia minaccia di esportare la crisi ucraina nelle Americhe, espandendo la sua cooperazione militare con Cuba, Nicaragua e Venezuela». Una dichiarazione che però non trova conferma da parte del governo russo: la portavoce del Ministero degli esteri Maria Zakharova, infatti, ha voluto ridimensionare l’entità e gli scopi dell’esercitazione, precisando che si tratta di una misura «di routine» e che la Costituzione del Nicaragua consente la presenza di forze straniere nel Paese.

Non si tratterebbe, dunque, di un’operazione volta a installare basi militari russe a solo un migliaio di chilometri dalle coste della Florida come risposta alla vicinanza delle basi NATO al territorio russo, bensì di esercitazioni standard: «Vorrei rassicurare subito le teste calde: si tratta della procedura ordinaria – due volte l’anno – per l’adozione in Nicaragua di una legge sull’ammissione temporanea di militari stranieri nel proprio territorio al fine di sviluppare la cooperazione in varie aree, tra cui la risposta umanitaria e di emergenza, la lotta alla criminalità organizzata e al traffico di droga» ha sottolineato [3] il diplomatico russo, aggiungendo che «nel corso della nostra interazione, che non è diretta contro paesi terzi, prestiamo particolare attenzione ai principi della sicurezza regionale». Dichiarazioni, dunque, finalizzate a non esacerbare ulteriormente una situazione già tesa a livello internazionale.

D’altro canto, è indubbio che vi sia una forte intesa politica e militare tra Mosca e alcuni Paesi latinoamericani, confermata anche dal fatto che quest’ultimi si sono rifiutati di applicare le sanzioni alla Russia, nonostante le enormi pressioni statunitensi in questo senso. Gli Stati sudamericani come il Nicaragua continuano, dunque, a intessere buoni rapporti col Cremlino dimostrando, in questa fase particolarmente turbolenta delle relazioni internazionali, indipendenza politica. In ogni caso, Mosca non sembra intenzionata a sfruttare la situazione per minacciare Washington direttamente sul continente. Una preoccupazione, tuttavia, che sembra tenere in allerta il governo americano, il quale non tollera l’intesa politica tra Russia e parte dell’America latina. Quest’ultima considerata da sempre un’“estensione” degli Stati Uniti e che ora, invece, ha rinsaldato i suoi rapporti proprio con Mosca: il principale avversario geopolitico dell’unipolarismo statunitense.

[di Giorgia Audiello]