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Ridurre la spesa corrente per accedere al Pnrr: le condizioni di Bruxelles all’Italia

La Commissione europea ha presentato [1] un documento contenente diverse raccomandazioni rivolte all’Italia e relative all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza [2] (PNRR), misura da 222 miliardi di euro contenuta all’interno di un pacchetto comunitario da 750 miliardi, il Next Generation EU (o Recovery Fund). L’obiettivo dell’Unione europea è di far rispettare ai paesi membri sia la solita disciplina di bilancio, caratterizzata da tagli alla spesa pubblica e/o aumenti di tasse, sia la serie di clausole introdotte con il Recovery Fund, così da permettere loro l’accesso ai fondi stanziati per il secondo semestre del 2022, dopo la prima rata versata ad aprile scorso e consistente [3] per il nostro paese in 21 miliardi di euro. Nello specifico, le raccomandazioni di Bruxelles vertono su tre punti: riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e diversificazione delle importazioni di energia, per cui sarà possibile usare i fondi del RePowerEu (una serie di misure finite [4] già sotto accusa per diverse incongruenze), aderenza alle clausole del piano e limitazione della crescita della spesa corrente in vista di “una politica di bilancio prudente”.

Quest’ultima voce ingloba, tra le altre cose, la spesa per beni e servizi, i redditi del personale della pubblica amministrazione e le prestazioni sociali (come le pensioni). La limitazione alla crescita della spesa corrente, che rischia di abbattere gli ultimi residui di stato sociale e completare la neoliberalizzazione dell’economia italiana, viene giustificata alla luce “dell’elevato debito pubblico e della debole crescita della produzione”, nonostante la stessa Commissione abbia sottolineato la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL avvenuta nel nostro paese dal 2021. Nel documento, Bruxelles indica che “sulla base delle attuali stime comunitarie, l’Italia non limita in misura sufficiente l’aumento della spesa corrente finanziata nazionalmente nel 2022”. In altre parole, si dovranno regolare le uscite del bilancio pubblico (spese) alla luce di “una situazione in evoluzione”, che non dipende da demeriti italiani ma da eventi esterni, come la crisi in Ucraina e l’inflazione. Nel punto dedicato alla “politica di bilancio prudente”, la Commissione europea ha ribadito poi l’importanza di attuare la legge delega relativa alla riforma fiscale [5], ferma in Parlamento perché rappresentante un rischio per la tenuta del governo. L’obiettivo della norma, ribadito anche da Bruxelles, sarebbe quello di “allineare i valori catastali ai valori correnti di mercato”, con il pericolo però di un aumento delle imposte sulle abitazioni e di un ritorno dell’IMU sulla prima casa. Il provvedimento è di vitale importanza per l’Unione europea perché rappresenta una sorta di paracadute in vista del 2027, quando i prestiti compresi nel Recovery Fund e quindi nel Pnrr inizieranno a essere ripagati dai paesi membri. Gli esecutivi nazionali futuri dovranno dunque assicurarsi entrate fiscali sufficienti a far fronte ai debiti da ripagare e, visto che la ricchezza principale degli italiani risiede nel loro patrimonio immobiliare, se ce ne sarà bisogno ricorrere a tasse maggiori sulle proprietà.

In attesa di fornire orientamenti sulla possibile riforma dell’intero quadro della governance economica dopo la pausa estiva, la Commissione europea ha deciso di bloccare l’attuazione del Patto di Stabilità e Crescita per tutta la durata del 2023. Si tratta di un accordo internazionale firmato dagli Stati membri e inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche nonché al rafforzamento del percorso d’integrazione monetaria e di neoliberalizzazione dell’economia intrapreso nel 1992 con la firma del Trattato di Maastricht [6]. Tuttavia, l’Unione europea continua a guidare e influenzare l’economia dell’Italia attraverso l’aderenza alle condizioni necessarie (ben 528) per accedere ai fondi del Pnrr, divisibili in quattro ambiti principali: la riforma della pubblica amministrazione (che non dovrebbe rafforzare la struttura ma aumentarne la precarietà), la riforma della giustizia, la semplificazione legislativa e la promozione della concorrenza. Su quest’ultimo punto è intervenuto di recente anche l’esecutivo italiano ponendo la fiducia sulla conversione in legge della delega legislativa recante misure in termini di concorrenza, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito la necessità di approvare il provvedimento entro fine maggio, altrimenti “sarebbe insostenibilmente messo a rischio il raggiungimento di un obiettivo fondamentale del Pnrr”.

[Di Salvatore Toscano]