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Eni ha aperto un conto per pagare il gas in rubli, ma giura di non usarlo

Con un comunicato stampa pubblicato [1] sul proprio sito, Eni ha annunciato l’apertura di due conti correnti, uno in euro e uno in rubli, presso Gazprom Bank, la terza banca russa più grande del paese. Il provvedimento è stato adottato “in via cautelativa” a causa delle “imminenti scadenze di pagamento previste per i prossimi giorni”, che comunque verranno affrontate in euro, ha dichiarato la compagnia guidata da Claudio De Scalzi, per poi essere convertite in rublo da un agente della Borsa di Mosca. Nel comunicato stampa viene sottolineato come le nuove modalità di pagamento siano state prese in accordo con le istituzioni italiane e rappresentino un modo di procedere “neutrale in termini di costi e rischi”, compatibile con le sanzioni previste dall’Unione europea.

Tuttavia, da Bruxelles è già arrivata una bocciatura preventiva attraverso le parole di un portavoce della Commissione europea che ha dichiarato: «L’apertura di un conto in rubli va oltre le indicazioni che abbiamo dato agli Stati membri», incaricati di vigilare che le società rispettino le sanzioni. Esse «hanno un obbligo legale e in caso contrario l’organo può aprire la procedura d’infrazione». Il vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha commentato l’ipotesi di un’attivazione da parte di Eni del conto corrente in valuta russa: «Pagare in rubli significa violare le sanzioni. Ed è una violazione anche dei contratti stipulati che prevedono in quale valuta pagare: euro o dollari, mai rubli». Il 30 aprile scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto in cui si imponeva l’apertura di un doppio conto, uno in euro o dollari e l’altro in rubli, per saldare le forniture di Gazprom con il coinvolgimento della Gazprom Bank e della Banca centrale russa. Accettare la presenza del principale istituto bancario di Mosca, con annessa modifica radicale dei contratti, avrebbe comportato, per le aziende europee, una violazione delle sanzioni imposte dai paesi occidentali. Dunque, tutte le grandi società energetiche del Vecchio Continente si sono ingegnate per trovare una soluzione: pagare in euro e coinvolgere, per la conversione in rublo, non la Banca centrale russa ma un “clearing agent operativo presso la Borsa di Mosca entro 48 ore dall’accredito”, come dichiarato da Eni, che nel comunicato stampa ha scritto: “L’esecuzione dei pagamenti con queste modalità non riscontra al momento nessun provvedimento normativo europeo che preveda divieti che incidano in maniera diretta sulla possibilità di eseguire le suddette operazioni”.

La volontà di schivare in qualche modo l’ostacolo delle sanzioni da parte delle compagnie energetiche europee sottolinea, innanzitutto, la dipendenza [2] inestricabile nei confronti di gas e petrolio russi, nonostante da anni sia stata annunciata la necessità di una svolta sostenibile, verso quell’utilizzo di fonti rinnovabili ostacolato dalla burocrazia. La crescita dell’idrico e del geotermico è praticamente ferma dal 2000, mentre il fotovoltaico e l’eolico, dopo un exploit iniziale, non registrano incrementi interessanti da 5 anni. Ad oggi, come dimostrano [3] le spedizioni dell’esecutivo italiano in Africa, la preoccupazione maggiore è quella di stipulare contratti con Algeria, Mozambico, Egitto, Angola e Congo, accompagnati da non pochi dubbi sul reale apporto produttivo che potranno avere nel breve periodo.

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Cambio dollaro-rublo. 1 dollaro = 64,5 rubli.

Alla “sconfitta” dell’ambiente, sacrificato per far fronte alle sanzioni rivolte a Mosca, si aggiunge poi la crescita del rublo, a dispetto delle previsioni (e speranze) europee. Il tasso di cambio nei confronti delle maggiori valute mondiali ha raggiunto i livelli pre-pandemia, quando per ottenere un dollaro statunitense erano necessari circa 60 rubli. Dopo aver subito una massiccia svalutazione (di circa il 50%) lo scorso marzo, la moneta ufficiale della Russia ha iniziato una rapida ripresa rappresentando, al momento, la miglior valuta del 2022, con un rimbalzo sul dollaro di circa il 12% da inizio anno.

[Di Salvatore Toscano]