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Due anni di restrizioni hanno aumentato i problemi di alcol tra i ragazzi

Negli scorsi giorni, durante la conferenza stampa [1] sul decreto Riaperture tenuta dal Presidente del Consiglio Mario Draghi e dal Ministro della Salute Roberto Speranza, le politiche anti Covid italiane sono state ampiamente elogiate, con il green pass che, ad esempio, è stato definito «un grande successo». C’è però un altro lato della medaglia su cui non è stata posta l’attenzione durante l’incontro con i giornalisti, ovverosia quello degli importanti problemi di alcol tra i più giovani con ogni probabilità connessi alla situazione emergenziale: come ammesso dallo stesso Speranza alla Conferenza [2] nazionale alcol 2022, infatti, «c’è un consumo significativo tra i giovani ed un aumento del consumo fuori dai pasti», il che potrebbe essere stato determinato dagli «ultimi due anni che abbiamo vissuto». Dichiarazioni che certamente non sono frutto del caso, emergendo essi dalla relazione [3] al Parlamento sugli interventi realizzati nel 2021 in materia di alcol e problemi correlati, recentemente trasmessa dal Ministro della Salute alle Camere.

Dall’analisi, che illustra il quadro epidemiologico sul fenomeno alcol nel nostro Paese aggiornato al 2020, si evince infatti non soltanto che nell’anno della pandemia in Italia sono stati 8,6 milioni i consumatori di alcol a rischio – in aumento rispetto al 2019 sia per quanto riguarda gli uomini (+6,6%) che le donne (+5,3%) – ma che per quasi 800mila di essi si sia trattato di minori. “Il consumo di bevande alcoliche tra i giovani permane una criticità”, si legge nel report, nel quale si sottolinea altresì che “i comportamenti a rischio sul consumo di alcol nella popolazione giovanile sono particolarmente diffusi nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Nel 2019 il consumo abituale eccedentario nella classe di età 18-24 anni era l’1,7%”, mentre “nel 2020 il consumo abituale eccedentario nella stessa classe di età è stato il 2,5%”, viene specificato in tal senso nella relazione. Tra i comportamenti a rischio, inoltre, c’è il “binge drinking” (o assunzione di numerose bevande alcoliche al di fuori dei pasti e in un breve arco di tempo), che rappresenta l’abitudine più diffusa e consolidata. Nel 2019, il fenomeno “riguardava il 16% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età” mentre “nel 2020 il fenomeno ha riguardato il 18,4% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età”.

Si tratta dunque di una tendenza in crescita, che non fa che aggiungersi a tutta una serie di altri problemi connessi alle restrizioni pandemiche. Quanto emerso dalla relazione, infatti, costituisce l’ennesima prova del fatto che due anni di misure anti Covid abbiano generato diverse difficoltà soprattutto nei giovani. Basterà ricordare che, come confermato da diversi studi scientifici, due anni di lockdown e restrizioni hanno portato [4] un grande numero di bambini e ragazzi ad avere problemi seri a livello psicologico, inclusi disturbi da stress post-traumatico, ansia, depressione e tentativi di suicidio. Una pandemia nella pandemia alla quale non si presta la necessaria attenzione e su cui, evidentemente, dovrebbe basarsi almeno in parte anche la valutazione degli effetti delle restrizioni anti Covid.

[di Raffaele De Luca]