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Crisi energetica: l’Italia torna al fossile, la Germania corre verso le rinnovabili

Nel tentativo di fronteggiare la crisi energetica in atto, l’Italia sta puntando ancora tutto sul fossile. A maggior ragione di questi tempi, si potrebbe così credere che attingere alle fonti più inquinanti sia l’unica soluzione a disposizione. Tuttavia, il caso della Germania racconta una storia differente. Difatti anche Berlino, e persino più di noi, deve riorganizzazione i propri approvvigionamenti energetici a causa di un’eccessiva dipendenza dal gas russo. Eppure, la strategia scelta è stata un’altra: spingere l’acceleratore sulle rinnovabili.

La Germania, coerentemente con gli ormai annosi obiettivi di sostenibilità, ha deciso quindi di aumentare la crescita dei suoi progetti di energia eolica e solare. Questo, nonostante per la principale economia europea ridurre le importazioni di gas naturale dalla Russia sia stata tutt’altro che cosa da poco. Considerando, soprattutto, che non molto tempo prima aveva già pianificato una rapida uscita dal nucleare. Ma anziché cercare nuovi fornitori di gas o pensare di riaprire le vecchie centrali a carbone, Berlino accelera [1] il passaggio della Legge sulle fonti di energia rinnovabili (EEG). L’obiettivo è far sì che questa entri in vigore entro il 1° luglio 2022. La Legge vedrebbe la Germania incentivare le sovvenzioni per i nuovi pannelli solari sui tetti e, entro il 2028, aumentare la nuova capacità installata a 20 gigawatt (GW) per il solare. Ancor più ambiziosi, invece, gli obiettivi per l’eolico. Quello onshore, entro il 2027, aumenterebbe di 10 GW all’anno, fino ad arrivare a 110 GW complessivi entro il 2035. Anno in cui, poi, l’energia eolica offshore dovrebbe raggiungere i 30 GW, anche grazie ad un nuovo tipo di contratto che permetterà agli operatori di ottenere profitti aggiuntivi se i prezzi dell’elettricità saranno alti. In questo modo, entro il 2030, le fonti rinnovabili soddisferanno l’80% del fabbisogno elettrico della Germania. Il 100%, entro il 2035: cinque anni prima del precedente obiettivo di abbandonare i combustibili fossili “entro il 2040”.

E l’Italia? Nelle ultime settimane, ‘diversificazione’ è il concetto chiave sbandierato dal Ministero della Transizione Ecologica. La crisi in Ucraina ha messo in evidenza le fragilità [2] del sistema energetico italiano, così, correre ai ripari per arginare delle conseguenze già fin troppo evidenti è un dovere dei vertici governativi. Ma diversificare cosa? Nel nostro caso, di certo non le fonti energetiche. Nonostante le potenzialità del nostro territorio, anziché sfruttare la spiacevole occasione per avvicinarci ai target europei sulle rinnovabili, l’unica cosa che diversificheremo saranno i fornitori di gas fossile. «In 24-30 mesi – ha fieramente annunciato [3] il ministro Cingolani – saremo indipendenti dal gas della Russia». In che modo? Dei 29 miliardi di metri cubi di gas che ogni anno l’Italia importa dal Cremlino, 15-16 miliardi di metri cubi saranno rimpiazzati da altri fornitori. Per il resto, rigassificazione e rinforzo delle nostre infrastrutture. In sostanza, aumenteremo la produzione nostrana di gas e passeremo dall’essere dipendenti da un Paese all’essere dipendenti da altri. E chi sono questi altri? Algeria, Libia, Qatar, Azerbaijan… insomma, tutte nazioni famose per la loro ‘stabilità’ geopolitica. Per quanto riguarda poi la possibilità che vengano riaperte le centrali a carbone, il ministro rassicura che ‘al massimo’ «si potrebbero mandare a pieno regime quelle ancora in funzione di Brindisi e Civitavecchia». Sulle rinnovabili, invece, tutto tace.

[di Simone Valeri]