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L’Occidente ha un concetto del tutto strumentale dei crimini di guerra

Il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba vorrebbe che fosse istituito un tribunale speciale [1] per poter processare la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Kuleba avrebbe infatti affermato che la Russia si è macchiata di “crimini di aggressione” contro l’Ucraina, motivo per il quale andrebbe portata davanti ad un Tribunale internazionale. Un processo in stile Norimberga, come ha affermato l’ex premier inglese Gordon Brown, che ha appoggiato l’idea. Affermazioni del genere suscitano di certo una immediata eco politica e mediatica, ma la fattibilità è ancora tutta da verificare. Ciò che sta emergendo con maggiore forza in seguito allo scoppio del conflitto russo-ucraino è come le nozioni di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità” siano usati in modo del tutto strumentale da parte degli Stati e delle istituzioni occidentali, andando a servire più gli interessi geopolitici che i criteri di giustizia.

Cerchiamo di essere chiari sin da subito: la guerra va ripudiata con ogni mezzo e in ogni caso, ed è giusto che qualcuno condanni Putin per le proprie azioni criminali. Tuttavia, il sentimento antirusso scaturito in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina ha portato l’Occidente a calpestare alcuni dei propri principi fondamentali, quale per esempio la libertà di informazione (con la censura di diversi media russi [2]). Nel contesto di caos e tripudio mediatico che ne è scaturito, inoltre, distinguere i fatti dalla propaganda diventa un’operazione ostica. Evocare il processo di Norimberga, in questo caso, ha sicuramente una eco mediatica e politica di rilievo. Riporta la mente all’atto conclusivo di un sanguinoso squarcio nella nostra storia contemporanea, una ferita che ha impiegato decenni a risanarsi e forse ancora non è guarita del tutto. La fattibilità di tale procedimento, tuttavia, è ancora tutta da verificare.

I crimini di guerra, contro l’umanità e il genocidio sono infatti di competenza della Corte Penale Internazionale [3] (CPI), la quale ha potere complementare a quello degli Stati membri e ha sede a L’Aia. Nel giudicare tali crimini, la CPI ha giurisdizione limitatamente al territorio dei propri Stati membri anche nel caso in cui il crimine sia commesso da uno Stato non membro. Nè la Russia né l’Ucraina hanno mai ratificato lo Statuto su cui si basa la CPI e non ne sono quindi parte, tuttavia nel 2014 l’Ucraina è riuscita ad aggirare l’ostacolo attivando una procedura speciale prevista dallo stesso Statuto. Il problema della giurisdizione, in tal caso, potrebbe così essere aggirato, ma rimane il fatto che i processi presso la CPI non possano essere svolti in contumacia [4].

Nel 2018 a questi tre crimini è stato aggiunto quello di aggressione, ovvero “la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che per carattere, gravità e portata costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945”. Per quanto riguarda questo tipo di reato, la CPI può intervenire solamente se a commettere l’aggressione è uno degli Stati membri. Per tale motivo, secondo l’analisi di ISPI [5], intervenire per i crimini di aggressione nel caso della Russia rimane di fatto impossibile anche tramite la riforma dell’impianto normativo, in ragione del principio della irretroattività. Il fatto che la CPI abbia deciso di istituire un’indagine è ad ogni modo un forte segno della volontà di far rispettare il diritto internazionale.

A questo punto, tuttavia, pare naturale porsi il quesito: in quante altre occasioni i crimini di guerra sono stati invece ignorati [6], proprio in virtù di giochi di forza geopolitici? Secondo alcune stime [7], le “vittime collaterali” dei raid americani nei principali teatri di guerra in Medio Oriente e Africa si avvicinerebbero a un minimo di 23 mila, numero che potenzialmente potrebbe anche raddoppiare. Tuttavia, a seguito delle pressioni da parte degli Stati Uniti, nel dicembre del 2021 la CPI ha annunciato di aver sospeso le indagini a carico dei soldati statunitensi per i crimini di guerra avvenuti nel contesto del conflitto in Afghanistan.

Lo ribadiamo: quanto sta accadendo in Ucraina è disumano e va condannato con forza. Ma proprio lo scoppio di questa guerra ha mostrato come la coscienza occidentale disponga di due pesi e due misure nel valutare l’impatto e la reazione a disgrazie di questo tipo. Pesi e misure che dipendono per lo più da criteri geopolitici di convenienza. Un’ipocrisia suggellata dalla decisione dell’Unione europea di qualche giorno fa di concedere due tipi [8] di protezioni differenti ai profughi della guerra in Ucraina in base al tipo di passaporto del quale dispongono. Come a dire, per l’ennesima volta, che uguaglianza e diritti hanno validità solo sulla carta.

[di Valeria Casolaro]