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Ecuador: gli indigeni vincono in tribunale contro i colossi petroliferi

Una storica vittoria [1] per le popolazioni indigene ecuadoriane e un importante passo avanti per il rispetto dell’ambiente, dopo che la Corte Costituzionale [2] dell’Ecuador ha riconosciuto il diritto dei popoli indigeni a scegliere per la propria terra. D’ora in avanti dovrà esserci un processo di consultazione che coinvolga le comunità, prima di pianificare una qualsiasi attività estrattiva sul loro territorio o nelle immediate vicinanze. Non solo, le comunità indigene avranno potere decisionale, dando o meno il loro consenso a determinati progetti.

Sono quattordici le nazioni indigene in Ecuador che da tempo combattono per avere voce [3] in capitolo su ciò che accade nei territori in cui vivono. La stessa Costituzione dell’Ecuador prevede il diritto delle popolazioni a una consultazione “libera, preventiva e informata” (FPIC [4], dall’inglese Free, prior and informed consent) prima che vengano attuati progetti petroliferi, minerari o simili. Eppure, questo diritto è stato violato più volte mentre lo stesso presidente Guillermo Lasso ha cercato di implementare lo sfruttamento petrolifero e minerario dell’Ecuador, vista l’importanza economica di simili pratiche (rappresentano oltre l’8 per cento del PIL dell’Ecuador). Anche a livello internazionale, ai sensi della Convenzione 169 [5] dell’Organizzazione internazionale del lavoro, viene garantito alle comunità indigene l’accesso al FPIC. Nonostante ciò, troppo spesso le popolazioni non sono state considerate. Oppure, quando chiamate a intervenire, il processo era lungi dal garantire un reale potere decisionale alle comunità e i progetti parevano già pronti per essere attuati, senza il raggiungimento di alcun reale accordo.

Ma la sentenza dello scorso 4 febbraio cambia le carte in tavola, stabilendo come qualsiasi processo debba avere l’accordo di chi in quei territori tanto ricchi di giacimenti di petrolio e minerali ci vive. Soprattutto nell’Amazzonia ecuadoriana, esistono le più importanti riserve di petrolio greggio del paese e come ricorda [6] la Confederazione delle nazionalità indigene dell’Amazzonia ecuadoriana (CONFENIAE) il 70 per cento della regione è territorio indigeno. Oltre al sacrosanto diritto, ora ristabilito e tutelato, del decidere per la propria terra, gli esperti ricordano – e da tempo [7] – la centrale importanza della tutela di aree come quella amazzonica, per preservare la salute [8] di chi lì vive e per far fronte al cambiamento climatico.

L’appetito [9] dei colossi fossili certamente non diminuirà, ma grazie alla decisione della Corte suprema ci saranno tutele più forti ed efficaci col fine di evitare il verificarsi di episodi come quello [10] di Sinagoe, quando gli indigeni Cofán scoprirono diverse macchine estrattive vicino al Parco Nazionale Cayambe Coca, senza che fossero mai stati consultati. Era il 2018 e dopo denunce e combattimenti, i giudici pretesero l’annullamento di ben 52 concessioni minerarie, in un’area di circa 324 chilometri quadrati. Da ora dovrà invece esistere una reale attenzione purché la violazione del diritto alla consultazione preventiva degli indigeni non avvenga, così come quella dei diritti della natura e di un ambiente sano, tra l’altro riconosciuti dalla Costituzione ecuadoriana. Intanto, il presidente Guillermo Lasso non ha ancora commentato la sentenza. Con la recente sentenza della Corte Costituzionale rimane la possibilità del Governo di approvare alcuni progetti estrattivi senza il consenso della comunità solo in “circostanze eccezionali“, senza però dimenticare il rispetto di determinati diritti collettivi e dell’ambiente.

[di Francesca Naima]