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Il greenwashing di Eni è arrivato dentro il festival di San Remo

È cominciata la 72esima edizione del Festival di Sanremo, che ha già messo in luce molte criticità. Prima fra tutte quella sollevata da Greenpeace, che ha denunciato l’ennesimo episodio di greenwashing dell’industria dei combustibili fossili ENI [1]. La principale azienda italiana di petrolio e gas è infatti sponsor del Festival, vetrina attraverso cui l’impresa ha deciso di presentare la nuova compagnia Plenitude. Il progetto, raccontato come alternativa green e svolta sostenibile di ENI, è l’ennesimo tentativo di “nascondere la polvere sotto al tappeto”. Nello specifico, secondo Eni, Plenitude aiuterà la compagnia a centrare l’obiettivo emissioni zero entro il 2040, grazie a “nuove idee e propositi che puntano a un futuro migliore”, come si legge sul sito dell’Ente Nazionale Idrocarburi.

Peccato che la realtà sia ben diversa. Come può raggiungere tale obiettivo un’azienda che risulta essere la maggior produttrice di gas dannosi per il clima in Italia, e dodicesima al mondo? Non dimentichiamo, tra l’altro che Eni è stata anche multata dall’antitrust per pubblicità ingannevole. Sbattere in prima serata i suoi falsi propositi non fa altro che aumentare il rischio che questo riaccada. Nella città dei fiori, tra l’altro. Secondo un rapporto stilato da Greenpeace, circa due terzi delle pubblicità online delle aziende dei combustibili fossili promuovono false soluzioni per il clima, mentre continuano a far fruttare i propri profitti con le fonti fossili.

«È inaccettabile che ENI sfrutti la vetrina di Sanremo, e dei tanti altri eventi che sponsorizza, per fare greenwashing e promuovere un’immagine di azienda attenta all’ambiente che non corrisponde affatto alla realtà» ha ribadito Greenpeace. Secondo l’Associazione, ENI continua e continuerà a investire sul gas e sul petrolio, riconfermando di essere il principale emettitore italiano di gas serra e una delle aziende più inquinanti del pianeta.

“Il mondo della musica, della cultura, dello sport e dell’istruzione dovrebbero essere liberi dalla dannosa propaganda dell’industria dei combustibili fossili” ha detto Federico Spadini, esponente della campagna Clima ed Energia di Greenpeace Italia.

Secondo il rapporto “Words vs Action: the truth behind fossil fuel advertising” infatti, solo l’8% degli annunci di ENI promuove i combustibili fossili, nonostante questi costituiscano circa l’80% del suo portfolio [2]. Eni ha davvero intenzione di cambiare? Leggendo i suoi piani per il prossimo futuro è lecito dubitarne. Anzi, nel suo piano strategico è previsto un [3]aumento della produzione di idrocarburi fino al 2024, con un investimento di circa 18 miliardi di euro. Una bella differenza, rispetto ai 4 miliardi destinati alle energie rinnovabili.

Cosa possiamo fare per contrastare il fenomeno? Greenpeace ad esempio ha lanciato un’iniziativa per chiedere l’introduzione di una legge europea [4]“che vieti le pubblicità e le sponsorizzazioni dell’industria dei combustibili fossili”. Se la petizione raggiungerà un milione di firme raccolte, la Commissione Europea sarà obbligata a prendere in considerazione la proposta di legge.

[di Gloria Ferrari]