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È bastato un voto per dimostrare la vera faccia del Governo sull’ambiente

Appena insediatosi a palazzo Chigi il premier Mario Draghi non aveva esitato a definire il suo governo nientemeno che “ambientalista”. Una definizione apparentemente rafforzata dall’istituzione, per la prima volta nella storia repubblicana, di un ministero della Transizione Ecologica (seppur affidato ad un curriculum a dir poco controverso [1] come quello di Roberto Cingolani) e dalla retorica “green” con la quale si verniciano i comunicati e i momenti pubblici, tipo l’incontro di Cingolani stesso con la paladina di Fridays for Future Greta Thunberg. Non fosse solo retorica, ci si dovrebbe aspettare che tale ispirazione ambientalista del “governo dei migliori” si traduca in puntuali decreti legge volti ad attuare l’obiettivo dichiarato della riduzione delle emissioni nocive. Ma la realtà delle azioni e dei voti in Parlamento ci dimostra ancora una volta altro, ovvero che c’è un abisso tra le dichiarazioni in favore di telecamera e gli atti portati avanti dai partiti di governo.

Il 30 dicembre, ad esempio, i deputati di Alternativa hanno depositato un ordine del giorno [2] alla Legge di Bilancio che in teoria avrebbe dovuto mettere tutti d’accordo. La proposta, depositata dal parlamentare Francesco Forciniti, chiedeva al Governo semplicemente di “emanare una disposizione normativa al fine di vietare il rilascio di nuovi permessi di prospezione e ricerca e di idrocarburi e nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi, destinando in tal modo maggiori risorse ad opere di bonifica ambientale dei territori danneggiati dalle attività in oggetto”. Niente di particolarmente radicale, insomma. Avrebbero continuato ad essere attive le 171 concessioni di coltivazione di idrocarburi attualmente in concessione e tutti i 1623 pozzi attivi (1298 di gas e 325 di petrolio). Semplicemente l’ODG impegnava il Governo a non concedere nuovi permessi di estrazione, obiettivo tra l’altro in linea con gli impegni presi alla COP26 per contenere le emissioni di carbonio.

Il risultato? L’ordine del giorno è stato sonoramente bocciato: 370 voti contrari, solo 19 a favore. Tutta la maggioranza compatta ha votato contro la proposta, incluso il Movimento 5 Stelle, che della protezione ambientale aveva fatto la sua principale bandiera nel motivare l’appoggio all’esecutivo Draghi. Contrario anche il gruppo di Fratelli d’Italia, che del governo sarebbe la principale forza d’opposizione. «Il Governo e i partiti hanno gettato la maschera: vogliono tenersi le mani libere per trivellare i nostri mari e non solo. Hanno respinto un ordine del giorno alla legge di Bilancio chiaro, pulito, lineare che impegnava l’esecutivo a non autorizzare nuove trivelle e Air Gun. La quasi totalità dell’aula della Camera con questo voto ha confermato di essere attenta all’ambiente solo a parole. Ai colleghi facciamo presente che sui territori non servono i comunicati stampa per dire di essere contro le trivelle se poi in Parlamento si vota a favore». Così hanno commentato il voto i deputati di Alternativa in un comunicato.