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Proteste studentesche a Roma, poliziotti trascinano via con la forza due studenti

Nella mattinata di lunedì 13 dicembre alcuni studenti del liceo Plauto di Roma sono stati portati via con la forza da poliziotti in borghese mentre si trovavano di fronte alla propria scuola per richiedere un’assemblea straordinaria. Come loro, da due mesi decine di migliaia di studenti protestano chiedendo alle istituzioni un tavolo di discussione dove portare le proprie rivendicazioni. Mentre il Miur e gli altri organi governativi tacciono, la polizia mette in atto una violenta repressione che tenta di silenziare le loro voci.

Lunedì 13 dicembre, intorno alle 9 del mattino, un gruppo di studenti si è radunato di fronte al liceo Plauto di Roma per chiedere un’assemblea straordinaria. Nel corso del sit in di fronte al liceo alcuni poliziotti in borghese si sono insinuati tra la folla, trascinando via con la forza due studenti. Dal video pubblicato sui social dall’OSA, Opposizione Studentesca d’Alternativa, si vede chiaramente una ragazza trascinata via, mentre un ragazzo aggrappato alla cancellata continua a dire al poliziotto «Mi spezzi il braccio, fermati». Ad un certo punto si vede chiaramente il poliziotto cercare anche di afferrarlo per il collo.

 

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Non si tratta delle prime immagini che riportano la violenza messa in atto dalla polizia nei confronti dei giovani: basti ricordare quanto successo al liceo Ripetta [2] di Roma poche settimane fa. Un clima che sembra suggerire come nelle istituzioni manchi la volontà di instaurare un dialogo con chi esprime dissenso, preferendo optare per una tattica repressiva.

Il collettivo OSA, del quale abbiamo pubblicato un comunicato [3], comprende studenti provenienti da diversi licei del contesto italiano che chiedono una sostanziale riforma della scuola. “Pensiamo che non ci sia più nulla da recuperare o difendere in un modello scolastico che ha perso la sua funzione emancipatrice” scrivono.

Tommaso, rappresentante dell’OSA intervistato dall’Indipendente, racconta dei diversi tentativi di mettersi in contatto con il Miur e con la Città Metropolitana di Roma, caduti tutti nel vuoto. «Abbiamo mandato l’altra settimana le PEC alle istituzioni, in particolare la Città Metropolitana, per la questione dei riscaldamenti», ma non è mai giunta alcuna risposta. «Nemmeno il Miur ci ha mai ricevuti, nonostante le continue richieste. In questi due mesi sono state occupate cinquanta scuole, si sono mossi studenti in tutta Italia e nonostante ciò il Ministro non solo non si è degnato di riceverci, ma non ha detto neanche una parola, non c’è neanche una dichiarazione su quanto è avvenuto». Marcon prosegue: «Stanno arrivando 19,5 miliardi di euro per la scuola nel Pnrr? Vogliamo metterci bocca anche noi. Sul problema degli scaglionamenti per esempio [gli ingressi a orari scaglionati nelle classi, nda] nessuno ci ha mai sentiti, ma per molti studenti costituiscono un problema».

L’istituzione scolastica è stata duramente provata da quasi due anni di pandemia, e gli studenti più giovani ne hanno pagato caro il prezzo, non solo in termine di preparazione [4] ma anche di disagio psicologico. Sono coloro che hanno vissuto sulla propria pelle la continua sperimentazione di tattiche più o meno efficaci da parte del Governo per controllare i contagi all’interno delle scuole, eppure apparentemente non vi è modo di instaurare un dialogo diretto tra questi due poli.

«Finchè come studenti non vedremo soddisfatte le nostre esigenze noi continueremo a lottare, dalle scuole occupate alle manifestazioni noi continueremo a farci sentire» afferma Simone [5], lo studente fermato nel corso delle proteste di lunedì e poi rilasciato.

Resta da auspicarsi che la loro voce venga prima o poi ascoltata.

[di Valeria Casolaro]