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Il ritorno di Roger Waters: “Se Assange è un criminale lo sono anch’io”

Roger Waters, ex bassista dei Pink Floyd, ha espresso solidarietà nei confronti di Julian Assange, affermando di aver commesso il suo stesso reato per anni diffondendo il video di Collateral Murder durante i suoi concerti. «Stavo commettendo lo stesso crimine di Assange, che non è affatto un crimine».

Che Roger Waters [1] sostenesse la causa di Assange [2] non è mai stato un segreto. Il musicista ha ribadito la propria solidarietà nei confronti del fondatore di WikiLeaks nell’ambito di una conversazione [3] promossa da Il Fatto Quotidiano e Progressive International, organizzazione per la mobilitazione di movimenti progressisti a livello internazionale. «Assange è stato molto importante perchè ha avuto l’idea di utilizzare la tecnologia contemporanea per dare a tutti noi la possibilità di essere il quarto potere» ha dichiarato Waters, che ha aggiunto: «senza una stampa libera non abbiamo nulla».

L’ex bassista dei Pink Floyd ha proiettato il video di Collateral Murder durante le tournée mondiali, in particolare durante quella di The Wall del 2010.«Stavo commettendo lo stesso crimine di Julian Assange, che non costituisce affatto un crimine. Io, come lui, stavo diffondendo il video davanti a migliaia di persone. […] Eppure lui è stato rinchiuso da allora, o nell’ambasciata ecuadoriana a Londra o nella prigione di Belmarsh, nella quale si trova da tre anni». A Waters, invece, il governo degli Stati Uniti non ha mai chiesto di rimuovere il video: «Non ho mai ricevuto nemmeno una cartolina dal governo!».

Waters è un dichiarato pacifista e da sempre fortemente critico delle politiche occidentali e statunitensi in diversi ambiti. «Dicono che la sovranità è demandata alle popolazioni e la chiamano democrazia, ma si tratta di una farsa perchè chiaramente non rappresenta il popolo» afferma, rivolgendosi poi alla giornalista con una risata: «Lei vive in Italia, per l’amor di Dio! Nessuna farsa è più ovvia e spregevole di quella del vostro grande Paese!».

[di Valeria Casolaro]