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Assange, rovesciata la sentenza: Londra autorizza l’estradizione negli USA

L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza che in primo grado aveva negato l’estradizione di Assange negli Stati Uniti per la possibilità che commettesse suicidio, motivata dal trattamento nei confronti dei detenuti nelle carceri americane di massima sicurezza. I giudici hanno accolto il ricorso statunitense, che si basava sul rassicurare Londra sul fatto che nelle carceri Usa sarà trattato nel rispetto dei diritti umani e non rischierà il suicidio. Ora si attende il probabile ricorso e il riesame della vicenda da parte del tribunale inferiore, ma la strada verso la libertà per il fondatore di Wikileaks appare del tutto in salita. Se estradato, Assange rischia sino a 157 anni di carcere, presumibilmente da scontare in prigioni di massima sicurezza.

Juliane Assange [1] si trova da oltre due anni e mezzo nella prigione di massima sicurezza HM Prison di Belmarsh. Nel 2006 aveva fondato la piattaforma WikiLeaks, che ha diffuso documenti coperti da segreto di Stato per denunciare comportamenti poco etici di governi e aziende. Nel 2010 la piattaforma ha diffuso un video, denominato Collateral Murder, [2] che mostrava un attacco statunitense risalente al 2007 contro un gruppo di sospetti terroristi, rivelatisi poi essere civili e giornalisti dell’agenzia Reuters. Washington ha reagito alla diffusione di questo e altro materiale sostenendo che avrebbe messo in pericolo la vita di diverse persone, tra le quali informatori e personale delle zone di guerra. Assange è stato così accusato dal tribunale americano di cospirazione e spionaggio: se risultasse colpevole, rischierebbe di dover scontare fino a 157 anni di carcere. Appena tre mesi fa è stato rivelato che la CIA (i servizi segreti statunitensi) nel 2017 elaborò dei piani per rapire o addirittura uccidere Assange [3].

Assange è stato tradotto in prigione quando l’Ecuador, dopo sette anni, gli ha revocato lo status di rifugiato politico. Nel gennaio di quest’anno un giudice inglese aveva negato la possibilità di estradizione in ragione della salute mentale di Assange, che avrebbe potuto commettere suicidio all’interno delle carceri statunitensi visto il trattamento solitamente riservato ai detenuti. A sostegno della decisione vi erano le perizie psichiatriche effettuate dalla difesa. Ad agosto il tribunale di Washington ha presentato appello contro questo verdetto, evidentemente convincendo i giudici britannici sul trattamento di Assange una volta consegnato e trasferito in carcere. Stella Morris, compagna e legale di Assange, ha definito la sentenza un «grave errore giudiziario» e ha dichiarato di voler far ricorso appena possibile.

Pochi giorni fa al Parlamento italiano era stata votata una mozione che chiedeva al governo italiano di concedere ad Assange lo stato di rifugiato politico [4], desolante il risultato: 225 no, 137 astenuti e appena 22 voti favorevoli.

[di Valeria Casolaro]