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Glifosato, la “sicurezza” dell’erbicida è stata valutata ignorando il 90% degli studi

Il rapporto di valutazione sulla sicurezza del glifosato, redatto dal Glyphosate Assessment Panel, è stato condotto ignorando oltre il 90% degli studi scientifici disponibili sul tema. Delle 7.188 ricerche pubblicate e revisionate negli ultimi dieci anni – ha rivelato un’indagine della Ong Générations Futures [1] – 6.644 sono state respinte poiché “irrilevanti” e, delle restanti, solo 211 sono state considerate “utili allo scopo”. Eppure, il documento firmato dai quattro Stati membri del Panel [2] – Francia, Paesi Bassi, Ungheria e Svezia – ha di fatto gettato le basi per l’assoluzione del dibattuto erbicida. Lo scorso giugno, il gruppo di valutazione aveva infatti concluso che il glifosato “soddisfa i criteri di approvazione” europei aprendo così le porte ad una nuova autorizzazione prevista per la fine del 2022. «Si tratta però di una conclusione – come ha precisato Générations Futures – viziata dal fatto che non ha tenuto conto della maggior parte degli studi pubblicati».

Secondo l’organizzazione, gli studi scartati sono stati esclusi solo sulla base dei loro titoli o dei loro abstracts e la valutazione della loro attendibilità sarebbe stata effettuata «in maniera del tutto non trasparente e iniqua tra gli studi universitari e quelli dell’industria». Solo 30 ricerche – lo 0,4% del totale preso in considerazione dai revisori europei – provengono infatti dal mondo accademico, l’unico in grado di garantire una solida imparzialità. Probabilmente, l’intenzione del gruppo di valutazione era quella di fornire “evidenze” a sostegno della presunta sicurezza del glifosato e non di tutelare la salute pubblica. Numerose prove scientifiche indipendenti hanno infatti associato l’esposizione all’erbicida più utilizzato al mondo, e ai prodotti a base di esso, con alcuni tipi di cancro negli esseri umani, effetti negativi sullo sviluppo della prima infanzia e alterazioni ormonali. È quanto ha sottolineato anche Genon K. Jensen, direttore esecutivo della Health and Environment Alliance che, insieme ad altre 40 associazioni, ha sollecitato [3] la Commissione europea a porre fine al ricorso a studi industriali inaffidabili per garantire che i pesticidi dannosi per la salute umana o l’ambiente siano rimossi dal mercato Ue.

Il glifosato, brevettato nel 2001 dall’allora Monsanto, è ora prodotto da numerose multinazionali del settore agrofarmaceutico. Molte delle quali, in difesa del “miracoloso” prodotto, si sono dedicate alla produzione di studi sulla genotossicità, il meccanismo alla base della formazione delle prime cellule tumorali. Tuttavia – come ha evidenziato una recente analisi indipendente [4] – sono tanti i dubbi sulla credibilità delle ricerche non accademiche già considerate durante il precedente processo europeo di autorizzazione del glifosato. Dei 53 studi di genotossicità esaminati, firmati dall’una o l’altra industria, 34 sono stati identificati come “non affidabili” e 17 come “parzialmente affidabili”. Mentre, sempre da un punto di vista metodologico, solo 2 sono stati considerati “affidabili”. Ad ogni modo, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito il glifosato nella categoria dei “probabili cancerogeni”, ma se il suo utilizzo verrà prorogato dipenderà dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche. Al riguardo, il parere di entrambe è atteso rispettivamente per maggio e giugno 2022. Recentemente si è scoperto che anche i fiumi della Lombardia ne sono pieni [5], ospitando al loro interno concentrazioni di glifosato fino a otto volte superiori ai limiti di legge.

[di Simone Valeri]