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Italia, con il governo Draghi è riesploso il lavoro precario

Dopo un anno e mezzo di pandemia i dati sembrano essere incoraggianti, indicando una ripresa economica ed occupazionale. Tuttavia secondo l’INAPP [1] (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) tale crescita rischia di non essere strutturale. A preoccupare è il boom di contratti a tempo ridotto attivati, insieme con il gap occupazionale di genere che ancora permane in maniera evidente e non solo vede un minor numero di assunzioni femminili, ma anche una maggiore attivazione di contratti part time per le donne rispetto agli uomini. La disparità tra ripresa economica e crescita occupazionale è anche dovuta, secondo il presidente dell’INPS Pasquale Tridico [2], allo smantellamento del Decreto Dignità da parte del Governo Draghi. Decreto che, nel periodo precedente alla pandemia, aveva portato alla stabilizzazione di oltre mezzo milione [3] di rapporti di lavoro.

La crescita economica c’è, ma quella lavorativa non va di pari passo e soprattutto non è inclusiva. Stando ai dati di giugno 2021, su 3,3 milioni di nuovi contratti attivati oltre un milione di questi sono part time, il più delle volte “involontario” ovvero non richiesto dal lavoratore ma imposto come condizione di assunzione dall’azienda. Il divario di genere permane, come quello tra Nord e Sud Italia: sul totale dei contratti attivati, solamente il 39,6% è riservato alle donne e per lo più nel Nord. Quasi la metà dei contratti delle donne, inoltre, è part time, contro il 26,6% dei contratti a tempo parziale attivati agli uomini. La situazione non è migliorata dalla condizione salariale [4], che vede l’Italia in una pessima posizione rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea.

I lavoratori sotto i 30 anni che si trovano al Sud, in particolare nelle regioni di Sicilia, Calabria e Molise, si trovano in una condizione di particolare svantaggio. Qui un ridotto numero di contratti attivati associato a un 70% di questi costituito da rapporti di lavoro part time rende la prospettiva di reale ripresa altamente incerta.

Per Sebastiano Fadda, presidente di INAPP, “La lettura di questi dati ci dice che la ripresa dell’occupazione in Italia rischia di non essere strutturale perché sta puntando troppo sulla riduzione dei costi tramite la riduzione delle ore lavorate“. Di conseguenza, se il PNRR continua a non investire su assunzioni stabili per guidare la ripresa sono a rischio sia la produttività che la competitività. Nemmeno gli incentivi alle assunzioni hanno contribuito a ridurre part time e precarietà: “Occorre avviare una riflessione sul ruolo “migliorativo” e selettivo che, a partire proprio da questa fase di riavvio, dovrebbe caratterizzare il sistema degli incentivi” afferma Fadda.

La sospensione del Decreto Dignità, voluta dal Governo Draghi con un emendamento al Decreto Sostegni e prolungata sino a settembre 2022, costituisce un passo determinante verso la precarizzazione, come sostenuto dallo stesso Tridico nel corso di un’intervista. Si trattava di una misura emanata nel 2018 da Luigi di Maio, Ministro del Lavoro durante il primo mandato del Governo Conte. Il decreto prevedeva una serie di misure a tutela dei lavoratori, come il divieto di somministrare contratti a tempo determinato per più di 24 mesi (12 in caso di mancata causale), diminuendo sostanzialmente il numero di rapporti di lavoro precari. Con la sua sospensione, tali tutele sono venute a mancare, e i dati lo mostrano chiaramente.

[di Valeria Casolaro]