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Migranti, un nuovo report racconta le brutali violenze commesse dall’Unione Europea

Croazia, Grecia e Romania hanno portato a termine centinaia di operazioni di respingimento (compiute in maniera illegale e violenta), alle frontiere con l’Unione europea. Le forze di sicurezza e le unità di polizia, a volto coperto, avrebbero ripetutamente intrapreso azioni clandestine e coordinate per negare l’accesso a moltissimi richiedenti asilo in Europa. È quanto stabilito da un rapporto pubblicato mercoledì dall’agenzia di stampa investigativa Lighthouse Reports, con sede ad Amsterdam, e che riporta gli episodi susseguitisi a partire dall’inizio del 2020. Violenze e percosse continuate nel tempo, ai danni di chi, come spesso accade, parte da lontano con l’obiettivo di  approdare in Europa.

Otto mesi di ricerche, raccolta di testimonianze, revisione di audio e filmati, immagini satellitari e interviste: otto mesi di intenso lavoro a cui hanno contribuito anche alcuni media partner europei, tra cui la rivista tedesca Der Spiegel e il quotidiano francese Libération. E il cui duro lavoro ha portato la Croazia, ad esempio, ad avviare un’indagine finalizzata a far luce sulle accuse rivolte alla sua polizia, colpevole, stando alle testimonianze, di aver architettato e compiuto violenti respingimenti di migranti appena fuori dai confini dell’Unione europea. Ed è quello che poi, alla fine, si evince dalla raccolta video [1], in cui un ufficiale di polizia croato, con il volto coperto, picchia con un bastone alcuni giovani richiedenti asilo al confine del paese con la Bosnia. [2]

Agenti in servizio ed ex agenti di polizia e della guardia costiera hanno dichiarato che, durante un episodio a cui hanno avuto modo di assistere direttamente (anche se da lontano, per non ostacolare le indagini) almeno 189 persone sono state illegalmente respinte: secondo loro solo una “piccola quantità” rispetto a tutti i richiedenti asilo respinti negli ultimi tempi. Come la storia di quel gruppo di afgani e pakistani, costretto dalla polizia croata a riattraversare il fiume Korana per tornare indietro, da dove erano venuti. Il tutto accompagnato da colpi di manganello. Come si legge su Micromega [3], “nei primi sei mesi del 2021 sono 692 le persone afghane che hanno chiesto asilo in Croazia, 384 sono uomini e 308 sono donne, ma nello stesso periodo solo 9 hanno visto riconosciuto lo status di rifugiato e il Ministero degli Interni croato non ha comunicato la nazionalità”.

Jelena Sesar, esponente di Amnesty International ed esperta della zona dei Balcani, ha affermato che è quasi impossibile negare che gli uomini incappucciati appartengano alla polizia croata: le loro uniformi, armi e attrezzature, se confrontate, sono identiche a quelle fornite ai membri dell’unità. Dello stesso avviso è Catherine Woollard, direttrice del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati (un’alleanza di oltre 100 ONG in 39 paesi europei), secondo cui queste testimonianze si vanno “semplicemente” a sommare a decine di altre prove di respingimenti violenti e continui ai confini dell’UE.

Tralasciando per un momento le modalità di esecuzione, secondo le leggi internazionali e dell’UE in materia di diritti umani, è una pratica illegale, per gli stati membri, respingere automaticamente le persone [4], senza valutare le circostanze che le hanno condotte fino a lì. La legislazione europea, infatti, garantisce e stabilisce il diritto di chiedere asilo.

Di fatto, invece, anche se l’UE ribadisce da tempo che la sua politica migratoria ha la priorità di garantire sicurezza e rispetto dei diritti dei migranti lungo i confini più critici, spesso «c’è una riluttanza dell’Europa ad agire, perché la strategia generale si basa sulla prevenzione degli arrivi di persone [5] in cerca di protezione, a prescindere dai costi e dalle conseguenze», ribadisce Woollard. Non, quindi, sull’accoglienza. Una non-azione a cui consegue una cosa sola: gli Stati possono continuare a portare avanti questi respingimenti senza ostacoli e, nei casi peggiori, anche sostenuti da altri stati membri.

Le associazioni in difesa dei diritti umani sono molto preoccupate, soprattutto della presunta complicità dell’Ue nelle operazioni.

[di Gloria Ferrari]