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Australia, la foresta pluviale più antica al mondo è tornata ai nativi

I popoli autoctoni siano i migliori custodi delle foreste, polmoni del nostro pianeta, e questo è uno dei motivi per cui lo stato australiano del Queensland ha annunciato di aver ceduto la proprietà del Daintree National Park [1], foresta pluviale più grande e antica del mondo, al popolo orientale di Kuku Yalanji. L’area in questione, nella penisola di Cape York, la punta nord-orientale dell’Australia, comprende 160mila ettari di terra in pericolo per via del cambiamento climatico e delle azioni di disboscamento. Un vastissimo territorio risalente a 135 milioni di anni fa il quale, non solo è stato la dimora di generazioni e generazioni di aborigeni, è anche particolarmente prezioso per la sua biodiversità. Questo, infatti, pullula di animali e vegetali – alcuni rarissimi – tra cui oltre 3.000 specie di piante, 107 specie di mammiferi, 368 specie di uccelli e 113 di rettili. 

I coloni britannici colonizzarono il continente nel Settecento, emarginando i gruppi autoctoni, abitanti della foresta e, la significativa scelta di restituirla – simboleggiata da una cerimonia nella città di Bloomfield – è un chiaro segno di riconciliazione con quei popoli che, secoli fa, vennero sottomessi dall’avidità occidentale. Inoltre, nella dichiarazione [2] del Ministro dell’Ambiente, viene sottolineata l’importanza dei Kuku Yakanji, della loro cultura, del loro diritto a possedere e gestire la foresta e a condividerne le bellezze con chiunque avrà il piacere di visitarla. Per il periodo iniziale, tuttavia, è prevista la gestione congiunta tra la comunità nativa e il governo dello stato del Queensland.

Poche settimane fa un report pubblicato dalla Fao ha reso noto che i tassi di deforestazione sono più bassi nelle foreste protette e gestite dai popoli indigeni [3]. Le comunità indigene – secondo il rapporto – hanno una solida esperienza nella salvaguardia dell’ecosistema forestale. Inoltre, prediligono generalmente un’agricoltura più diversificata e su scala ridotta, meno impattante rispetto alle pratiche industriali. Fattori che fanno in modo che le foreste che sono tutt’ora nelle loro mani risultino molto meglio conservate rispetto a quelle a disposizione dell’uomo “civilizzato”.

[di Eugenia Greco]