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Gli Usa si arrendono: il gasdotto tra Russia ed Europa si farà

Il gasdotto Nord Stream 2 che mira a incrementare il flusso di carburanti fossili russi in favore delle necessità energivore della Germania e dell’Unione Europea è stato motivo di tensioni tra Europa e Stati Uniti sin dai tempi di Barack Obama. Ora, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Presidente USA Joe Biden hanno finalmente siglato un compromesso, con il risultato che l’opera potrà finalmente essere conclusa senza il timore di dover incappare nelle sanzioni d’oltreoceano.

Sia gli attriti passati che la soluzione odierna orbitano attorno all’incessante sfida di potere tra Stati Uniti e Russia: Washington non vuole che gli alleati atlantisti si leghino economicamente e strutturalmente al proprio avversario, tuttavia non vanta neppure quella forza che servirebbe a offrire un’alternativa appetibile agli europei.

Con il 90 per cento del gasdotto ormai già pronto per l’attivazione, Biden non ha potuto che rassegnarsi all’evidenza della situazione, preferendo cercare un accordo piuttosto che rischiare di compromettere i rapporti con la nazione più rilevante dell’UE facendo uso smodato di sanzioni, dazi e altri eventuali bullismi finanziari.

Alla Germania è stato di conseguenza concesso di accedere a una quantità maggiore di risorse energetiche russe senza dover incorrere in contraccolpi economici, tuttavia la nazione ha anche dovuto prendersi l’impegno di compensare questo sodalizio con il nemico versando non pochi contributi all’Ucraina, Paese in cui la sfida tra USA e Russia trova una concretizzazione materiale attraverso una guerriglia fomentata da ingerenze estere [1].

L’intesa bilaterale appena siglata prevede infatti che i tedeschi aprano a favore di Kiev un fondo dedicato alle energie “green” in cui dovranno versare immediatamente 150 milioni di euro, fondo che ha l’obiettivo di arrivare un giorno a contare un miliardo di dollari di investimenti. Parallelamente, 70 milioni di euro verranno concessi sull’unghia per sostenere le iniziative di sicurezza energetica ucraine.

Il compito della Merkel e dei suoi successori si estenderà anche sul piano diplomatico. La Germania dovrà “sponsorizzare” i negoziati energetici dell’Iniziativa dei Tre Mari [2] e trattare con Mosca perché questa estenda il patto energetico siglato con l’Ucraina almeno fino al 2034, un impegno che foraggia Kiev con circa 3 miliardi di dollari annui.

Questa clausola dovrebbe essere in grado di proteggere Kiev dal più grande dei timori manifestati da USA e Paesi dell’Est Europa, ovvero che Mosca possa decidere di adoperare il Nord Stream 2 e il Nord Stream, entrambe strutture off-shore, per indebolire quei Governi che si reggono anche grazie alle tasse di transito versate oggigiorno dagli impianti russi che le attraversano con i gasdotti via terra.

Che l’energia sia una forte leva di controllo politico non è affatto un mistero. Gli USA lo sanno bene e sono convinti che quanto ottenuto sia un «cattivo risultato per la Germania, per l’Ucraina e per l’Europa». Non per nulla, come ulteriore tutela, gli Stati Uniti avevano domandato alla Germania di garantire l’esistenza di un “kill switch” che potesse fermare l’erogazione dei servizi russi senza preavviso, opzione prontamente cassata dai tedeschi, che hanno preferito piuttosto accettare il generico impegno ad approvare sanzioni verso Mosca nel caso dovesse compiere qualche passo falso.

In tutto questo resta sullo sfondo la Polonia, nazione di confine profondamente contraria al gasdotto e costantemente oppressa dai contrasti tra l’Occidente e la Russia. A quanto pare, una delegazione statunitense sarebbe pronta a fare visita a Varsavia per discutere della faccenda, con il rischio che il controverso Governo di Andrzej Duda possa allontanarsi ulteriormente dall’UE in favore di un legame più solido con gli USA.

[di Walter Ferri]