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Open Day vaccinali: gli “esperti” del CTS hanno parecchio da spiegare

Il Comitato tecnico scientifico (CTS) aveva dato il via libera agli Open Day per i giovani con i vaccini a vettore adenovirale (AstraZeneca e Johnson & Johnson), andando contro la raccomandazione fornita dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) di non somministrare tali sieri nelle persone al di sotto dei 60 anni. È quanto si apprende da una lettera [1] pubblicata ieri dal governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, contenente il parere del Comitato: essa era stata inviata alle regioni dalla struttura commissariale che dipende da Palazzo Chigi il 12 maggio. «Il CTS non rileva motivi ostativi a che vengano organizzate dalle differenti realtà regionali iniziative, quali i vaccination day, mirate a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni». Questa, dunque, la presa di posizione degli esperti, che Toti ha riportato per rispondere a «tutti coloro che continuano a dire che le Regioni sugli open day di AstraZeneca siano andate per conto loro».

Tali critiche infatti sono state mosse dopo i casi di trombosi verificatisi in due giovani donne vaccinatesi con AstraZeneca, motivo per cui alcune regioni hanno poi cancellato gli open day in questione. E la polemica è scoppiata in maniera maggiore in seguito alla morte di una delle due donne: Camilla Canepa [2], una ragazza ligure di 18 anni che si era sottoposta al siero anglo-svedese il 25 maggio e che ha perso la vita nella giornata di giovedì. In seguito alla tragedia, dunque, è stato puntato ulteriormente il dito contro le regioni, colpevoli di aver inspiegabilmente somministrato i vaccini a vettore adenovirale ai giovani.

Adesso, però, grazie alla lettera pubblicata da Toti si viene a conoscenza del fatto che questa decisione non è stata presa arbitrariamente dalle regioni, ma avvallata dal Comitato tecnico scientifico. E precisamente quest’ultimo ha fatto sì che da un lato non venissero seguite le indicazioni date dall’Aifa, e dall’altro nemmeno i dati forniti dall’Ema [3] (Agenzia europea per i medicinali). In tal senso, secondo una recente analisi dell’ente europeo, con una bassa circolazione del virus per i giovani (fino a 49 anni) il rischio di trombosi provocata dal vaccino anglo-svedese supera quello di morire per Covid. E seppur questa “bassa circolazione del virus” non fosse presente in Italia al momento del parere da parte del CTS, motivo per cui inizialmente esso non contrastava con quanto riportato dall’Ema, col passare del tempo la situazione epidemiologica è mutata e già il 31 maggio vi erano 3 regioni “bianche”, caratterizzate appunto da un numero molto basso di contagi. E successivamente, il 7 giugno, esse sono diventate 7.

Dunque, non solo non ci si riesce a spiegare perché gli esperti siano andati contro i consigli dell’Aifa, ma ci si chiede anche per quale motivo questi ultimi non abbiano deciso di formulare subito un nuovo parere nel momento in cui quanto consigliato non fosse nemmeno più in linea con i dati dell’Ema. Tale revisione infatti è arrivata solo nella giornata di ieri, con lo stop all’utilizzo del vaccino Astrazeneca per chi ha meno di 60 anni e la conferma della raccomandazione sulla somministrazione del Johnson & Johnson negli over 60. Si tratta, però, di un ritardo davvero difficile da giustificare.

[di Raffaele De Luca]