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Covid, l’Italia blocca il vaccino nazionale e sceglie di stare sotto Big Pharma

La Corte dei Conti ha bloccato il finanziamento per lo sviluppo e la produzione del vaccino anti Covid dell’azienda italiana ReiThera, per il quale doveva essere effettuata la terza ed ultima fase di sperimentazione. La magistratura contabile ha infatti comunicato tramite una nota di non aver registrato il decreto relativo all’Accordo di sviluppo sottoscritto dal ministero dello Sviluppo economico, da Invitalia spa e dalla Società ReiThera srl, che prevedeva un finanziamento da 50 milioni di euro su un totale di 80 milioni previsti dal cosiddetto “Decreto rilancio”. Esso è stato ricusato per motivi tecnico-giuridici, di cui però non si conosco i dettagli. Così, in seguito a tale pronunciamento sono subito arrivate le reazioni dei ricercatori ReiThera, tra cui Paolo Maggi, l’infettivologo che coordina la sperimentazione. «Questione tecnica e amministrativa, i cui dettagli sono oscuri anche a me», ha affermato [1] Maggi, che ha sottolineato come il siero italiano abbia una «efficacia buona ed effetti collaterali ridotti, in linea con gli altri vaccini». A tal proposito, ha anche aggiunto che non sviluppare un marchio italiano equivalga ad essere «schiaffo di Big Pharma e delle aziende straniere».

Il vaccino ReiThera sarebbe stato pronto in autunno (periodo in cui la campagna vaccinale potrebbe essere quasi conclusa), ma da tempo ricercatori e autorità danno praticamente per scontato che si procederà con richiami periodici negli anni a venire. A tal proposito, la stessa Pfizer ha profetizzato che in futuro si passerà da una situazione pandemica ad una situazione endemica ed il prezzo dei suoi vaccini aumenterà [2]. Già al giorno d’oggi i paesi europei versano a Pfizer un costo medio di 15,50 euro per ogni dose. [3] Moltiplicandolo anche solo per 40 milioni di italiani si ottiene una spesa di 600 milioni di euro. Una cifra di gran lunga maggiore rispetto a quella che sarebbe stata spesa per lo sviluppo e la produzione dei vaccini ReiThera. A tutto ciò si aggiunga il fatto che, secondo quanto dichiarato da Paolo Maggi, il vaccino italiano non sarebbe stato utile solo nella campagna vaccinale anti-Covid ma anche a sviluppare la ricerca su altre malattie. «In futuro avremo bisogno delle stesse tecnologie per creare vaccini contro influenza, Hiv, cancro e tanto altro» e conseguentemente si sarebbe potuto «risollevare un settore scientifico in cui abbiamo le carte in regola per tornare a primeggiare».

Insomma, tramite tale decisione si è impedito all’Italia di poter controllare e gestire la produzione di vaccini, in una prospettiva di autonomia e maggior tutela pubblica. Ma, a quanto pare, si è scelto di dipendere ancora una volta dalle multinazionali estere.

[di Raffaele De Luca]