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Come i media ribaltano la verità sul conflitto tra Israele e Palestina

«Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono», diceva Malcolm X – famoso attivista per i diritti della minoranza afro-americana negli Stati Uniti. Nel caso dei recenti scontri tra Israele e palestinesi, tale frase è più che mai appropriata. La narrazione del mainstream sull’escalation militare risulta farsesca: chi ribalta i fatti e la concatenazione delle cause con gli effetti e chi cerca di esprimersi in maniera (apparentemente) oggettiva ma che lascia spazio ad interpretazioni fallaci. Come molto spesso accade, soprattutto quando si parla di Israele, le cose sono un po’ diverse da come vengono rappresentate dai mass media.

Vi avevamo già parlato [1] dell’escalation militare e di come vi si sia giunti dopo settimane di duri scontri e di repressione sanguinosa del governo nei confronti dei palestinesi di Gerusalemme est, occupata militarmente da Israele. In quest’area sono all’ordine del giorno sfratti e demolizioni delle case dei palestinesi e i coloni israeliani sono supportati da gruppi di estrema destra che spesso attaccano i residenti arabi con chiari intenti di intimidazione e terrorismo, in particolar modo nel quartiere di Sheikh Jarrah.

Con un gioco di specchi, i mass media hanno capovolto la realtà facendo apparire le azioni israeliane come conseguenza dell’aggressione palestinese quando invece risulta essere un atto estremo condotto dopo una pressione israeliana che dura da diverse settimane. Hamas, l’organizzazione politico-militare che controlla Gaza, già da diversi giorni intimava al governo israeliano di interrompere gli attacchi ai palestinesi di Gerusalemme est, sia quelli prodotti delle forze di sicurezza sia quelli condotti dai coloni dei gruppi di estrema destra. La tensione è andata crescendo in un periodo religioso molto importante per i musulmani: il Ramadan.

Nella ricostruzione degli eventi, tutti i giornali e telegiornali hanno enfatizzato il lancio di razzi condotto da Hamas al fine di giustificare l’attacco aereo condotto dalle forze israeliane su Gaza – in cui interi edifici sono stati rasi al suolo.

Non va taciuta poi l’estrema sproporzione di forze in campo tra il modernissimo esercito israeliano e le forze esigue delle milizie di Hamas. Da una parte un arsenale offensivo gigantesco (tra cui testate nucleari) e dispositivi di sicurezza all’avanguardia, come lo scudo missilistico che non permette ai razzi palestinesi di fare seri danni ad Israele; dall’altra parte armi autoprodotte di scarsa efficacia oppure sistemi di attacco di seconda mano acquistati sul mercato nero o contrabbandate con organizzazioni filo-palestinesi.

Altro elemento importante di destabilizzazione è arrivato, sul finire di aprile, con il governo uscente di Netanyahu che ha fatto intendere di non voler autorizzare lo svolgimento delle elezioni legislative e presidenziali palestinesi nella zona di Gerusalemme est, previste per il 22 maggio e il 31 luglio prossimo. Tale situazione ha portato Abu Mazen, Presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), a rinviare le elezioni. Ad eccezione di Fatah, tutte le fazioni palestinesi avevano detto di essere contrarie al rinvio del voto. Hamas, tramite un suo portavoce, aveva affermato: «La nostra posizione è chiara: ci opponiamo a questo rinvio e non daremo il nostro aiuto a che questo avvenga». Il diritto palestinese di procedere a proprie elezioni è chiaramente affermato negli accordi di Oslo [2] firmati dalle due parti nel 1993.

[di Michele Manfrin]