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“Il più grande fiasco della storia medica”: professori di Harvard e Stanford contro il lockdown

Due autorevoli epidemiologi hanno recentemente redatto un articolo [1] per il quotidiano britannico The Telegraph in cui viene denunciata la strategia del lockdown, che secondo questi ultimi avrebbe causato il «più grande fiasco della salute pubblica della storia».

Si tratta di Martin Kulldorff, professore di medicina all’Università di Harvard, biostatistico ed epidemiologo e di Jay Bhattacharya, professore alla Stanford University Medical School nonché medico, epidemiologo, economista sanitario ed esperto di politica sanitaria pubblica. I professori hanno affermato che il lockdown non solo sia stato inutile per contenere l’epidemia, ma che abbia provocato anche gravissimi danni per tutta la società. «Un anno fa non c’erano prove che i blocchi avrebbero protetto le persone anziane ad alto rischio. Ora le prove ci sono. Non l’hanno fatto. Con così tante morti per Covid-19, è ovvio che le strategie di blocco non siano riuscite a proteggere gli anziani». Inoltre, gli epidemiologi ritengono che la quarantena abbia causato danni di vario tipo nei confronti di persone di ogni età. La didattica a distanza, ad esempio, avrebbe danneggiato «non solo l’istruzione dei bambini ma anche la loro salute fisica e mentale», mentre la salute pubblica sarebbe peggiorata a causa dei «mancati screening e trattamenti per il cancro e del peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari». Ma, secondo gli epidemiologi, molti di questi danni [2] si svilupperanno nel tempo e «dovremo conviverci – e dovremo morire a causa loro – per molti anni a venire».

Dopodiché, i professori hanno sottolineato che alcuni scienziati, politici e giornalisti abbiano giustificato il fatto che tali misure non abbiano funzionato affermando che le persone non abbiano rispettato sufficientemente le regole, ma «incolpare il pubblico è sbagliato», in quanto «mai nella storia dell’umanità la popolazione si è sacrificata così tanto per ottemperare ai mandati di sanità pubblica». Inoltre hanno aggiunto che, come dimostrato dai fatti, il ragionamento secondo il quale «più restrizioni portino automaticamente a meno morti», sostenuto dai «pro-lockdown», mostri «un’incredibile ignoranza dell’epidemiologia di base delle malattie infettive».

Dunque, per tutti questi motivi, già ad inizio ottobre gli epidemiologi scrissero la Dichiarazione di Great Barrington [3], un documento nel quale venne descritto un modo di operare differente per contenere la pandemia così da «evitare il ripetersi del disastro primaverile». Il metodo indicato fu chiamato «Protezione Focalizzata» e si basò sul fatto che l’incidenza della mortalità da COVID-19 fosse «più di mille volte superiore negli anziani e nei malati rispetto ai giovani» e che con l’aumento dell’immunità nella popolazione, il rischio di infezione per tutti, compresi i più vulnerabili, sarebbe poi diminuito. In tal senso, gli scienziati ritennero che «l’approccio più umano, in grado di bilanciare i rischi e i benefici nel raggiungimento dell’immunità di gregge», fosse quello di permettere alle persone meno vulnerabili di «vivere normalmente la loro vita per costruire l’immunità al virus attraverso l’infezione naturale», così da proteggere in maniera migliore i soggetti più a rischio. Tali indicazioni, però, non furono prese in considerazione e dopo qualche settimana fu reimposto il lockdown e ciò produsse un «raddoppiamento dei precedenti fallimenti ed una mancata protezione degli anziani».

[di Raffaele De Luca]