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Vietato aiutare i palestinesi: Israele mette al bando 25 organizzazioni umanitarie

Israele ha annunciato che dal 1° gennaio 2026 sospenderà l’attività di oltre 25 organizzazioni umanitarie e caritatevoli internazionali, tra cui Medici senza frontiere, CARE, Oxfam e Caritas, nella Striscia di Gaza. La decisione, ufficialmente motivata dal mancato rispetto di nuove regole di registrazione e trasparenza imposte da Tel Aviv, rischia di ridurre significativamente l’assistenza in un territorio già devastato da una prolungata crisi umanitaria, con gravi carenze di cure mediche, cibo, acqua ed elettricità. Le ONG denunciano l’arbitrarietà delle nuove disposizioni e l’effetto devastante sulla popolazione civile.

Il Ministero degli Affari della Diaspora ha reso pubbliche nuove norme [1] per la registrazione e il funzionamento delle organizzazioni non governative straniere che operano a Gaza. Secondo le autorità di Tel Aviv, le regole – che richiedono dettagliate informazioni su personale, finanziamenti e attività – mirano a evitare che elementi collegati a gruppi armati, come Hamas, possano sfruttare i canali umanitari per fini militari o logistici. Israele ha affermato che le organizzazioni che non ottemperano a questi requisiti non potranno più operare nella Striscia, e che l’impatto complessivo sul flusso di aiuti sarà contenuto grazie all’impiego di ONG “autorizzate”. Le nuove regole implicano anche l’uscita delle ONG dai territori di Israele e Gerusalemme entro marzo 2026, un passo che alcune organizzazioni definiscono [2]esproprio burocratico” della loro presenza storica nella regione.

Tel Aviv ha anche accusato Medici senza frontiere (MSF), una delle più grandi organizzazioni sanitarie che operano a Gaza, di non aver chiarito i ruoli di due membri del personale che, secondo Israele, avrebbero avuto «legami con organizzazioni terroristiche». MSF ha respinto tali accuse, dichiarando che «non assumerebbe mai consapevolmente persone impegnate in attività militari». Non è la prima volta che Israele cerca di reprimere i gruppi umanitari internazionali. In passato ha accusato [3] – senza fornire alcuna prova – l’Agenzia delle Nazioni unite per il Soccorso e l’Occupazione (UNRWA) di collusioni con Hamas – accuse respinte dall’ONU – fino a vietarne l’operatività a gennaio e favorendo il taglio dei fondi statunitensi nel 2024.

La decisione israeliana arriva in un contesto in cui Gaza affronta condizioni di vita estremamente difficili. Dopo anni di conflitto e blocchi che hanno colpito infrastrutture vitali, la popolazione civile dipende in larga misura dall’assistenza internazionale per l’accesso a servizi sanitari, acqua potabile, cibo e beni di prima necessità. Medici senza frontiere [4], ad esempio, ha messo in guardia che la revoca della registrazione rischia di privare centinaia di migliaia di persone di cure mediche salvavita, in un sistema sanitario già distrutto: «Se le organizzazioni umanitarie indipendenti ed esperte perdessero la possibilità di operare, ne conseguirebbe un disastro per i palestinesi». Le ONG definiscono arbitrarie le nuove regole israeliane e avvertono che la richiesta di dati sul personale può mettere a rischio la sicurezza degli operatori; respingono ogni accusa di legami armati e, insieme a osservatori internazionali, interpretano la misura come un tentativo di colpire chi documenta la crisi di Gaza e le violazioni dei diritti umani legate all’occupazione.

La decisione di sospendere le attività delle ONG umanitarie non è passata inosservata sulla scena internazionale [5]. Ministri degli Esteri di diversi Paesi, tra cui Regno Unito, Francia e Canada, hanno espresso profonda preoccupazione per le conseguenze che la messa al bando delle organizzazioni potrebbe avere sui civili e hanno sollecitato Israele a favorire l’accesso umanitario e a rivedere i criteri che regolano l’assistenza, ribadendo l’importanza di un flusso ininterrotto di aiuti verso Gaza. Alcune nazioni hanno richiamato l’attenzione sulla definizione di “beni a duplice uso” – spesso utilizzata da Israele per limitare l’ingresso di materiali – e sull’irrigidimento delle procedure doganali che rallentano l’arrivo dei rifornimenti. Le organizzazioni umanitarie avvertono che l’esclusione delle ONG indipendenti rischia di compromettere in modo irreversibile l’assistenza e di ridurre la visibilità internazionale della crisi, affidando gli aiuti a canali sempre più opachi e politicizzati.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.