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Amazon rinuncia alle consegne con i droni in Italia dopo le indagini per frode

Amazon ha stabilito che, almeno in Italia, la consegna dei pacchi tramite droni non s’ha da fare. Lo stop è arrivato all’improvviso, in netto contrasto con i risultati apparentemente positivi registrati nell’ultimo anno presso il centro logistico di San Salvo, in Abruzzo. L’azienda parla di una normale “revisione strategica”, ma da più parti si sospetta che la decisione sia una risposta ai contrasti sviluppatisi con il fisco italiano, il quale le contesta una frode da 1,2 miliardi di euro legata all’IVA non versata da rivenditori cinesi attivi sulla sua piattaforma di e-commerce.

La notizia è emersa sabato 27 dicembre, quando David J. Carbon, vicepresidente e general manager di Amazon Prime Air, la divisione dedicata al drone delivery, ha comunicato al presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), Pierluigi Di Palma, che il colosso avrebbe sospeso in Italia i propri piani di consegna commerciale tramite droni. “Nonostante il coinvolgimento positivo e i progressi compiuti con le autorità aerospaziali italiane”, si legge nel comunicato, “il più ampio contesto in cui operiamo in Italia non offre, al momento, le condizioni necessarie per i nostri obiettivi di lungo periodo per questo servizio”.

Il gigante statunitense non chiarisce quali siano gli ostacoli incontrati a livello nazionale, tuttavia ci tiene a sottolineare che le operazioni con i droni proseguono regolarmente negli Stati Uniti e nel Regno Unito, lasciando intendere silentemente che lo stop sul territorio abruzzese non dipenda affatto da limiti di natura tecnica. A far pensare a un attrito con le istituzioni è piuttosto il fatto che Amazon chiuda la propria nota ricordando il peso delle sue attività nel Paese: “con oltre 25 miliardi di euro investiti in Italia negli ultimi 15 anni, oltre 19.000 dipendenti diretti in più di 60 siti distribuiti nel Paese, continuiamo a servire i nostri clienti in Italia e offrire loro un’esperienza di acquisto eccellente”.

Le cause del dissapore sembrerebbero riconducibili a una vicenda [1] emersa a inizio mese, ovvero l’accordo siglato da Amazon con l’Agenzia delle Entrate per chiudere le contestazioni relative a presunte irregolarità fiscali risalenti al 2019: secondo la procura di Milano, il gruppo sarebbe stato coinvolto in una frode che, tra sanzioni e interessi, avrebbe potuto tradursi in una multa stimata intorno ai tre miliardi di euro. L’intesa raggiunta ha risolto la questione — almeno sul piano fiscale — con un versamento di 511 milioni di euro.

Questo accordo ha preso però forma a pochi giorni di distanza da un alto scontro [2] con le istituzioni, questa volta per un ammontare di circa 180 milioni di euro. Amazon Italia Transport ha infatti contribuito con tale somma per chiudere un’ulteriore presunta frode ed evitare un’interdittiva sul divieto di pubblicità. Come conseguenza di quest’ultima indagine, l’azienda ha inoltre dovuto rinunciare all’algoritmo utilizzato per monitorare i fattorini dei suoi cosiddetti “serbatoi di manodopera”. Ulteriori pressioni giungono dunque da un recente servizio di Report [3], il quale ha messo sotto i riflettori alcuni comportamenti di dubbia legittimità che la Big Tech impone ai suoi dipendenti.

Non serve ricorrere a indiscrezioni interne per intuire il malcontento dell’azienda statunitense nei confronti del trattamento ricevuto in Italia, basta consultare la nota dell’aviazione civile riportata da La Repubblica [4] per avere un quadro del contesto: “pur confermando un indiscusso apprezzamento del proficuo lavoro svolto insieme ad ENAC, per motivi di policy aziendale e come conseguenza delle recenti vicende finanziarie che hanno coinvolto il gruppo, Amazon ha ritenuto di avviare il lancio delle operazioni commerciali e la richiesta di certificazione come operatore in un altro Stato membro dell’Unione europea”.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.