L’ultima speranza di ritrovare il filo giusto che porta a Emanuela Orlandi, o perlomeno a cercare di capire quello che le è successo, è legata a una donna che è stata ragazzina insieme a lei, nella sua stessa scuola, e che il giorno della sua scomparsa è stata probabilmente l’ultima persona a vederla, prima che sparisse per sempre, come inghiottita da un muro di nebbia che dopo 42 anni continua a restare impenetrabile. Si chiama Laura Casagrande, ha 56 anni ed è stata iscritta nel registro degli indagati per “false informazioni date ai pm” dalla Procura di Roma. Quest’ultima sta ancora cercando di scavare sotto a cumuli di carte e indizi. L’ennesimo colpo di scena in questa storiaccia senza fine, nella quale si sono affacciati periodicamente con le loro ombre lunghe i servizi segreti e alti prelati del Vaticano, ma anche funzionari di Stato, boss della criminalità organizzata e terroristi, un mix micidiale nel quale si è persa la verità sul destino di quella cittadina della Santa Sede che aveva 15 anni, quando sparì.
Quell’ormai molto lontano 22 giugno 1983, all’uscita serale dalla scuola di musica “Tommaso Ludovico da Victoria”, di fronte a Sant’Apollinare, Emanuela è con un’amica. Si tratta di Raffaella Monzi, alla quale racconta di aver ricevuto una proposta lavorativa per conto della Avon: distribuire volantini durante una sfilata di moda per la ragguardevole somma di 375mila lire. La ragazza telefona per informare la famiglia della cosa mentre in Corso Rinascimento attende l’autobus che la dovrebbe riportare appunto a casa. Quando passa quello di Raffaella, l’amica ci sale, non rivedendo mai più Emanuela. Mentre è in attesa sul marciapiede, si avvicina a lei un’altra ragazza, mora e bassina, mai identificata, che viene notata però anche da un’altra amica di Emanuela, Maria Grazia Casini, mentre passava da lì. Casini racconterà il particolare ai magistrati nell’interrogatorio del 29 luglio 1983.
“L’ho vista dietro di me sul marciapiede, poi non c’era più”
Laura Casagrande faceva già parte della lunga lista di persone informate o coinvolte in questo giallo che è tra i più oscuri e complicati della storia italiana, perlomeno dal Dopoguerra, anche per le implicazioni politiche e diplomatiche ad esso collegate. Un’interminabile odissea giudiziaria che nel 2016, non senza il frastuono di polemiche e critiche anche personali, il procuratore Pignatone aveva archiviato. Laura non era propriamente amica di Emanuela, le separava tra l’altro una differenza di età. Erano entrambe allieve alla scuola di musica, anche se in classi diverse: Emanuela iscritta a quella di flauto traverso, mentre Laura a quella di pianoforte. Si conoscevano comunque bene e si vedevano con la frequenza imposta dalle lezioni.
Il giorno fatidico della scomparsa, entrambe avevano partecipato a una lezione di canto corale alla quale, aveva ricordato inizialmente Casagrande, la Orlandi si era presentata in ritardo. In quell’estate del 1983, tuttavia, davanti ai magistrati, la sua testimonianza era andata oltre: camminando sullo stesso marciapiede dove si trovava la fermata del bus atteso da Emanuela, Laura Casagrande ha raccontato di averla vista dietro di sé e poi di non averla più vista, come appunto si fosse volatilizzata. Anche per questo motivo, gli inquirenti ritenevano che proprio lei fosse l’ultima persona ad aver avvistato la ragazzina scomparsa.
Quel “buio totale” davanti alla Commissione
Con un salto temporale che ha scavalcato il secolo, il 20 giugno 2024 Laura è stata convocata dalla commissione di inchiesta bicamerale sul caso Orlandi, un’audizione nella quale l’ormai signora Casagrande – 41 anni dopo quel pomeriggio – ha praticamente smantellato tutto quello che aveva riferito inizialmente ai magistrati. Una lunga serie di “non so”, “non ricordo”, fino ad ammettere di avere “un buio totale” su quello che è successo quel 22 giugno dopo l’uscita dalla scuola di musica. Non ricordava la presenza di un’amica di cui aveva inizialmente parlato, e soprattutto non ricordava più di aver visto Emanuela prima della sua scomparsa. Non ricordava nemmeno di aver lasciato il proprio numero di telefono scritto sulla copertina di uno spartito musicale di Emanuela, completo dell’indirizzo di casa.
«Non ricordo di averla vista, non ricordo nulla della mia deposizione, ho il vuoto totale» ha detto Laura Casagrande. Secondo Andrea De Priamo, presidente della Commissione, la testimone «apparve molto contraddittoria, come se la audita volesse togliersi dalla scena. Successivi accertamenti ci fanno tutt’ora ritenere che possa essere stata una delle ultimissime, se non l’ultima persona ad aver visto Emanuela a corso Rinascimento. L’ufficio di presidenza aveva già inserito il suo nome tra le persone da risentire, non escludendo di farlo attraverso la forma dell’esame testimoniale e non quella della libera audizione».
La telefonata con una voce mediorientale
In quella stessa occasione, nella prima convocazione da parte della commissione, Laura Casagrande ha anche raccontato della telefonata ricevuta a casa il pomeriggio dell’8 luglio 1983. Dall’altro capo del filo una voce maschile araba o mediorientale, che in modo concitato ha dettato un comunicato da mandare all’Ansa. La mamma di Laura era al telefono, mentre la figlia prendeva appunti. Fu poi intervistata dalla trasmissione “Telefono Giallo”, nel corso della quale la ragazzina ha raccontato che lo sconosciuto al telefono aveva motivato il rapimento di Emanuela col fatto che fosse una cittadina del Vaticano, chiedendo la liberazione entro 20 giorni di Alì Agca, il turco che il 13 maggio 1983 fu protagonista dell’attentato a Papa Giovanni Paolo I in San Pietro. Da quel momento, la scomparsa della ragazza ha preso i connotati di una spy-story sullo sfondo di intrecci oscuri e in ambito internazionale.
Seconda audizione
Un mese dopo l’audizione davanti alla Commissione, Laura Casagrande è stata convocata una seconda volta dai parlamentari che indagano sulla vicenda, per approfondire la vicenda della telefonata anonima e sul presunto rapitore: “La voce aveva un timbro tra l’arabo, l’orientale e il mediorientale, anche se non so distinguere l’arabo dal turco” ha ricordato la testimone, confermando tuttavia di aver perso la memoria per quanto attiene ai fatti del giorno della scomparsa: “Il ricordo che ho impresso di quel giorno è che non venne alla lezione di coro. La aspettavo, perché era una delle ragazze con le quali avevo più legato. Non la vidi arrivare o arrivò molto tardi, a lezione cominciata: questo ora mi sfugge. Non ho memoria alcuna. Non ricordo nulla di tutto quello che ha riletto della mia deposizione dell’epoca. Ho un vuoto totale”.
A Piazzale Clodio con l’avvocato
Secondo il presidente della Commissione, Andrea De Priamo, «tutto questo è oggettivamente molto strano», mentre l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, ha sottolineato che «le incongruenze nelle sue dichiarazioni ci sono da sempre ed è molto sensato fare un approfondimento come spunto investigativo delle prime ore della scomparsa di Emanuela». Anche per questo, molto probabilmente, la Procura di Roma ha deciso di scrivere il suo nome nell’elenco degli indagati e di sottoporla ad interrogatorio, accompagnata dal suo avvocato, a Piazzale Clodio, dove è stata sentita dal sostituto Stefano Luciani.
Il magistrato vuole sicuramente cercare di fare luce sulle incongruenze, sulle amnesie, sui cambi di versione e sulle incertezze di quella che è quasi certamente l’ultima persona ad aver visto Emanuela Orlandi. “Molto contento” il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro che da anni si batte in direzione ostinata e contraria per fare luce su quello che è accaduto alla sorella: “È una notizia importante perché lei potrebbe essere stata una delle ultime persone a vedere Emanuela, quindi potrebbe aver visto in quali mani eventualmente fosse andata e chi eventualmente fosse stato il gancio di un’eventuale rapimento”. Soddisfazione condivisa anche dall’avvocato Sgrò: «Questa notizia è molto positiva, perché la Casagrande delle cose strane le ha dette, ci sono molte discrasie e lei è importante per ricostruire tutto dall’inizio», ponendo anche l’accento sul fatto che dopo aver ricevuto quella telefonata anonima, sia lei che la madre si recarono alla redazione dell’Ansa, senza avvisare o coinvolgere minimamente le forze dell’ordine: una delle tante stranezze che hanno punteggiato – e continuano a farlo – il mistero triste e cupo della scomparsa di Emanuela Orlandi.