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A Gaza si tirano le somme dell’alluvione, mentre Israele continua a bombardare

Mentre Israele continua a violare gli accordi sparando sui civili, il popolo gazawi inizia a raccogliere i cocci causati dell’ultimo disastro autunnale. Nell’ultima settimana, tra bombardamenti e colpi di mortaio, la Striscia è stata colpita da una forte ondata di piogge che ha provocato ingenti danni alle strutture e alle tende dei palestinesi: il ciclone Byron – questo il nome della tempesta – ha allagato interi campi, distrutto migliaia di tende, e causato danni a strade, edifici, sistemi idrico ed elettrico, e campi agricoli, mandando al contempo in tilt il settore ospedaliero. Il ciclone ha causato la morte di 17 persone; tra questi, 4 bambini, deceduti a causa dell’abbassamento delle temperature. Intanto Israele continua a lasciare dall’altra parte del confine quelle medicine, quelle tende, e quelle coperte di cui in questo momento il popolo gazawi necessita, mentre i negoziati per le fasi successive della tregua procedono a rilento; oggi negli USA si terrà un incontro tra i mediatori.

Il ciclone Byron ha iniziato ad abbattersi su Gaza circa due settimane fa. I danni causati dalle piogge sono stati ingenti: l’ultimo bilancio ministeriale parla di ripercussioni in diversi settori, da quello degli sfollati e delle tende, a quello sanitario, quello agricolo, e quelli infrastrutturale e dei servizi. In totale, riporta l’ufficio stampa governativo, sono crollate 13 case già indebolite dai bombardamenti degli ultimi due anni in diverse località della Striscia; 27.000 tende sono state completamente allagate e risultano ora impossibili da abitare, mentre altre 26.000 sono danneggiate almeno parzialmente; con esse, sono stati allagati gli stessi campi – «trasformati in pozze di acqua e di fango», e diversi arredi e materiali quali teli di plastica, materiali isolanti, materassi, cuscini, coperte, e utensili da cucina sono diventati di fatto inutilizzabili. Le strade sterrate e quelle temporanee sono state completamente allagate, così come i sistemi fognari; danni anche alle scorte di cibo, alle serre agricole, ai pannelli solari – da mesi principale fonte di energia della Striscia – e ai generatori. La tempesta, inoltre, ha creato diversi disagi al settore sanitario, impedendo ai punti medici mobili di spostarsi, e di fornire cure a chi ne aveva bisogno. In totale, riporta la protezione civile, le piogge hanno colpito circa 250.000 famiglie e hanno fatto circa 4 milioni di dollari di danni.

Nonostante la tempesta, l’esercito israeliano non ha mai smesso di sparare sui civili con armi da fuoco e colpi di cannone. Secondo una analisi di Al Jazeera [1], Israele ha condotto attacchi in 58 dei 69 giorni di tregua. L’ufficio stampa governativo, invece, riporta che dal cessate il fuoco, si sono registrate 738 violazioni: le forze israeliane hanno sparato contro i civili 205 volte, effettuato 37 incursioni oltre la cosiddetta “linea gialla” – la linea dietro cui i soldati israeliani dovrebbero rimanere temporaneamente stanziati, bombardato Gaza 358 volte, demolito proprietà in 138 occasioni e arrestato 43 palestinesi. In totale, dalla tregua [2] dell’11 ottobre, Israele ha ucciso quasi 400 persone. Dal 7 ottobre 2023, invece, il bilancio delle uccisioni dirette da parte di Israele è pari a 70.667, anche se secondo diversi studi [3] l’esercito israeliano avrebbe ucciso persone nell’ordine delle centinaia di migliaia.

Intanto i colloqui per la seconda fase della tregua sembrano procedere a rilento. Oggi, a Miami, riporta Axios [4], dovrebbe tenersi un incontro tra Steve Witkoff, braccio destro diplomatico di Trump, e alti funzionari di Qatar, Egitto e Turchia – i Paesi mediatori; si tratta del maggiore incontro diplomatico dalla ratifica di cessate il fuoco. In parallelo, a Tel Aviv si terrà un vertice tra i politici israeliani. Nonostante ciò, l’inizio della seconda fase di cessate il fuoco sembra ancora lontano. Quotidiani israeliani [5] riportano che Israele avrebbe intenzione di aprire il valico di Rafah solo in uscita, soluzione che di fatto finirebbe a cacciare i palestinesi dalla Striscia fino a data da destinarsi; per tale motivo, starebbe incontrando resistenza dai mediatori. A ciò si aggiunge il fatto che l’istituzione del corpo di pace – che inizialmente doveva avere tra i propri membri anche l’ex premier britannico Tony Blair – pare ancora lontana, mentre quella della cosiddetta “forza internazionale per Gaza” – corpo di polizia internazionale che monitorerebbe la Striscia – è stata solo annunciata dai giornali. Secondo Axios, inoltre, le continue violazioni israeliane, e specialmente l’uccisione di Raed Saad – numero 2 delle Brigate di Al Qassam, il ramo armato di Hamas – starebbero spazientendo gli USA. In questo scenario di incertezza e sostanziale immobilismo, l’esercito [6] israeliano non nasconde che ormai considera la linea gialla la nuova linea di confine del fronte.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.