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Il Portogallo è stato paralizzato dal primo sciopero generale dopo 12 anni

Era da 12 anni, dai piani di austerità imposti dall’Unione europea per superare la crisi economica, che i portoghesi non organizzavano uno sciopero generale. A farli tornare in piazza giovedì scorso è stata la riforma del lavoro presentata dal governo di centrodestra,  che renderà più semplici i licenziamenti e aumenterà la precarietà. Il progetto è stato descritto dai sindacati come «un’offensiva contro tutti i lavoratori, portoghesi e non». La classe lavoratrice ha così risposto in modo compatto e 3 milioni di persone non si sono presentate sul posto di lavoro, affiancate in piazza da una folta schiera di studenti, disoccupati e pensionati. Per 24 ore, il Portogallo è stato paralizzato dallo sciopero generale: si sono fermati i trasporti, le scuole sono rimaste chiuse, così come gli uffici pubblici, e diverse fabbriche hanno interrotto la produzione. I sindacati rilanciano, minacciando ulteriori mobilitazioni fino al ritiro del progetto di riforma.

In Portogallo, in occasione del primo sciopero generale degli ultimi 12 anni, più della metà della forza-lavoro ha incrociato le braccia. Come dichiarato dai sindacati promotori, CGTP e UGT, 3 milioni di persone (su un totale di circa 5,5 milioni tra occupati e disoccupati) non si sono presentate sul posto di lavoro, aderendo invece alle varie manifestazioni sparse per il Paese. La più partecipata è stata quella della capitale, Lisbona, dove si sono registrati anche degli scontri tra la polizia e un gruppo di manifestanti arrivati davanti al Parlamento. Nonostante questo episodio, il decorso della mobilitazione è stato sostanzialmente pacifico. Non sono mancati però i disagi, tra trasporti locali in tilt, uffici pubblici chiusi, corse di treni e voli cancellati. Questi ultimi hanno interessato molti italiani che si sono visti cancellare il rientro dopo la partita di calcio tra Benfica e Napoli disputatasi a Lisbona.

«Lo sciopero generale che si tiene oggi è uno dei più grandi di tutti i tempi, se non il più grande di tutti i tempi», ha dichiarato Tiago Oliveira, segretario di CGTP, il maggiore sindacato del Portogallo. Di fronte alla massiccia partecipazione, Oliveira ha parlato di una «forza inequivocabile che chiede salari più alti e maggiori diritti», schieratasi contro la riforma del lavoro presentata dal governo di Luís Montenegro. Rispolverando la retorica neoliberista dello «stimolare la crescita economica», l’esecutivo di centrodestra ha messo a punto una riforma che colpisce la stabilità lavorativa. Il tutto in un Paese dove già attualmente 1,3 milioni di lavoratori si trovano in una condizione di precarietà, alle prese, tra le altre cose, con un mercato immobiliare impazzito [1]. Tra il primo trimestre del 2024 e quello del 2025, i prezzi delle case sono ad esempio aumentate del 16,3 per cento, registrando la crescita più marcata tra i membri dell’Unione europea.

Uno dei punti della riforma presentata dal governo colpisce il reintegro del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, rendendolo facoltativo; un altro amplia invece i termini per i contratti a tempo determinato e altre situazioni di precarietà. Dopo la bocciatura popolare, il governo guidato da Luís Montenegro è atteso in Parlamento, dove la proposta di riforma dovrà essere discussa. Il rischio di bocciatura è alto; quello di Montenegro è infatti un governo di minoranza che al momento si regge sull’astensione del Partito Socialista. Sarà dunque da vedere se la mossa dell’esecutivo rafforzerà la deregolamentazione in Portogallo o, spinta dalla mobilitazione popolare, sarà il passo falso che porterà a una nuova crisi di governo, la quarta dal 2022 ad oggi.

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Salvatore Toscano

Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, per L’Indipendente si occupa di politica, diritti e movimenti. Si dedica al giornalismo dopo aver compreso l’importanza della penna come strumento di denuncia sociale. Ha vinto il concorso giovanile Marudo X: i buoni perché della politica.