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L’addio alle RAM di Crucial ci ricorda che le aziende non guardano più al consumatore

Micron Technology ha annunciato che entro febbraio 2026 abbandonerà il mercato consumer, sancendo di fatto la fine del marchio di RAM Crucial, storicamente utilizzato da appassionati e professionisti nell’assemblaggio dei computer. La scelta è motivata dai profondi cambiamenti strutturali nel settore dei semiconduttori, che spingono l’azienda a concentrare tutte le risorse sulla crescente domanda di memoria e storage destinati all’intelligenza artificiale e ai data center. Per Micron risulta dunque più vantaggioso servire grandi clienti aziendali, caratterizzati da volumi elevati e margini ben superiori rispetto al mercato tradizionale, tuttavia non è affatto l’unica a seguire questa strategia e la conseguenza per i consumatori sarà un ulteriore aumento dei prezzi dei dispositivi e dell’elettronica.

Crucial, nato nel 1996 come marchio consumer di Micron, è stato per decenni un punto di riferimento tra le soluzioni più affidabili e accessibili per moduli RAM, SSD e memorie flash. Con la sua uscita di scena, gli utenti alla ricerca di componenti dal buon rapporto qualità-prezzo per desktop e portatili vedranno restringersi l’offerta, subendo maggiori difficoltà nel reperire kit economici o di fascia media. Quella esercitata dall’azienda sembra quindi una scelta ovvia: i consistenti investimenti pubblici e privati nei data center hanno alimentato una domanda massiva di componenti ad alto margine di reddito, fomentando un mercato dove la vendita su larga scala riduce l’incertezza sui volumi e garantisce guadagni più elevati.

L’annuncio [1] di Micron e la sua rivoluzione interna potrebbero però essere anche frutto di una strategia miope. Per un’azienda tecnologica, concentrare gli sforzi sul settore corporate legato all’intelligenza artificiale consente oggi di massimizzare il ritorno degli investimenti. Tuttavia, persino i leader del comparto riconoscono che il mercato dell’IA si trovi oggi al centro di una bolla speculativa, il cui destino resta incerto: non è chiaro se esploderà o si limiterà a sgonfiarsi, né quando ciò accadrà. In caso di normalizzazione dei prezzi, Micron potrebbe dunque ritrovarsi con una filiera produttiva che ha sacrificato diversificazione e fedeltà al brand per privilegiare una concentrazione del fatturato, il che la espone a rischi strutturali.

La decisione di Micron non rappresenta però un caso isolato, si inserisce in un trend che segna un vero punto di svolta per l’intero settore tecnologico. Come riportato da Dexerto [2], a fine novembre NVIDIA – colosso dei processori grafici e oggi tra le aziende più ricche al mondo – ha ammesso candidamente “essere evoluta negli ultimi 25 anni da un’azienda specializzata in GPU per videogiocatori alla realtà odierna, ovvero a un’azienda di infrastrutture per data center”. Secondo alcune indiscrezioni [3], l’azienda starebbe inoltre valutando di modificare i propri standard di vendita, smettendo di includere le RAM nei prodotti finiti e trasferendo così sugli acquirenti l’intero costo dei moduli di memoria.

La corsa all’intelligenza artificiale – dopata dalle sovvenzioni governative – ha già di per sé spinto in modo significativo la domanda delle componenti informatiche, inoltre il quadro è complicato ulteriormente dai capricciosi dazi statunitensi, spesso mutevoli e imprevedibili, i quali generano forti incertezze sui prezzi delle materie prime, dei semilavorati e, di riflesso, dei prodotti finiti, siano essi computer, smartphone o console videoludiche. Ecco dunque che molte aziende che ricorrono a comunicare i prezzi dei propri dispositivi solo a ridosso del lancio, mentre altre hanno introdotto rincari su prodotti già in commercio da anni, i quali, in un contesto di normalità, avrebbero dovuto progressivamente svalutarsi.

Per i consumatori, il risultato è un aumento dei costi che cresce a vista d’occhio e con una rapidità allarmante. La produzione di RAM e GPU è sempre stata soggetta a occasionali picchi di prezzo, tuttavia oggi l’inflazione appare ormai sistematica e fatalista. Secondo Gerry Chen, general manager di TeamGroup intervistato da DigiTimes [4], nel solo mese di dicembre i prezzi di alcune memorie sono saliti di circa l’80~100%. Una crisi che non sembra destinata a risolversi a breve: alcuni analisti [5] prevedono che la curva dei prezzi continuerà a crescere per tutto il 2026 e potrebbe protrarsi addirittura fino oltre il 2028.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.