Yasser Abu Shabab, il leader della milizia palestinese collaborazionista delle “Forze Popolari”, è stato ucciso. Le circostanze della sua morte non sono ancora chiare: secondo alcuni, sarebbe stato ucciso da una cellula affiliata alle Brigate di Al Qassam, il braccio armato di Hamas, mentre secondo altri la sua morte sarebbe avvenuta dopo una lite con i membri di un clan rivale; secondo le ricostruzioni, Abu Shabab sarebbe stato ferito assieme al suo vice, per poi venire trasportato nell’ospedale israeliano Soroka di Be’er Sheva, dove sarebbe deceduto. Abu Shabab ha creato le proprie milizie a maggio 2024, con lo scopo dichiarato di fornire aiuti alla popolazione palestinese; il gruppo è stato più volte accusato di lavorare al soldo di Tel Aviv, ipotesi poi confermata dallo stesso Stato ebraico. In Israele, la sua morte sta venendo universalmente descritta come una dura sconfitta, che dimostrerebbe le politiche fallimentari del governo Netanyahu.
Non si sa tanto della morte di Abu Shabab. I primi a dare la notizia sono stati i giornalisti dell’emittente israeliana Channel 12, che hanno inizialmente attribuito la sua uccisione a uno scontro con un gruppo affiliato ad Hamas. Successivamente, lo stesso media ha diffuso una versione [1] secondo cui sarebbe stato ucciso in seguito a uno scontro interno scoppiato a causa della detenzione di un ragazzo da parte di Abu Shabab: secondo tale versione, un parente del ragazzo sarebbe andato da Abu Shabab accompagnato da un amico, per chiedergli di rilasciarlo; Abu Shabab avrebbe risposto in malo modo, «umiliando» l’uomo, che avrebbe così aperto il fuoco, uccidendo il leader delle Forze Popolari. Secondo altre ricostruzioni, invece, Abu Shabab sarebbe stato accoltellato, mentre altre riportano che sarebbe stato picchiato a morte dalle tribù che lo hanno rinnegato a causa della sua politica di collaborazionismo.
Per essere precisi, non è possibile neanche confermare che sia effettivamente morto, perché non esistono fonti accreditate che possano accertarne il decesso. La notizia tuttavia sta venendo data per certa tanto dalle fonti israeliane quanto da quelle arabe; è stata confermata da Hamas e dal gruppo “Rada” affiliato alle brigate di Al Qassam, attivo proprio nel Governatorato di Rafah, dove Abu Shabab è stato ucciso; è poi comparso un comunicato [2] in una pagina Facebook che pare legata alla milizia, che ne conferma la morte. Nel suo comunicato, il gruppo scrive che Abu Shabab non è stato ucciso da Hamas, bensì da un colpo di arma da fuoco mentre cercava di risolvere un conflitto interno, confermando parzialmente la versione di Channel 12.

Tra Israele e Palestina, la notizia della sua morte ha fatto parecchio rumore. I media ufficiali di Hamas dedicano parecchio spazio alla notizia, con commenti di analisti, dichiarazioni ufficiali, e notizie di cronaca. Il gruppo ha commentato la sua morte sostenendo che essa proverebbe la politica fallimentare del governo israeliano: «Il destino toccato al collaboratore morto, che collaborava con l’occupazione, Yasser Abu Shabab, è il destino inevitabile di chiunque tradisca il suo popolo e la sua patria e accetti di essere uno strumento nelle mani dell’occupazione»; il medesimo gruppo Rada di Rafah ha pubblicato una immagine con una sua foto barrata da una croce, accompagnata da un commento che recita «ti avevamo detto che Israele non ti avrebbe protetto».
In Israele la sua morte non sta avendo la stessa centralità che ha avuto in Palestina, ma sta venendo descritta come una netta sconfitta per lo Stato ebraico e il governo Netanyahu. La cronista Sapir Lipkin ha affermato che la morte di Abu Shabab sarebbe «il risultato di una politica miope» e proverebbe «che la “fantasia dei clan” coltivata nell’apparato di sicurezza israeliano non regge», e che a Gaza «il potere sta ancora nelle mani di Hamas». L’analista di guerra Avi Ashkenaz [3] ha descritto Abu Shabab come una «risorsa tattica» per le IDF nell’area di Rafah, affermando che la sua morte fosse «un peccato»; tuttavia, «chiunque pensasse e contasse sul fatto che un gruppo di spacciatori di droga e tossicodipendenti [ndr. si riferisce ad Abu Shabab e alle Forze Popolari] potesse esercitare il governo nella Striscia di Gaza sbagliava, e sbagliava di grosso». Elior Levy [4], caporedattore della sezione di Channel 11 dedicata ai palestinesi, ha dedicato alla vicenda un commento in cui osserva che la sua «eliminazione» a Rafah, area controllata dall’esercito da oltre un anno, «non fa bene né all’esercito né alla sua reputazione». L’uccisione di Abu Shabab, continua, «dimostra ciò che tutti sapevano, ma che Israele ha preferito ignorare: Hamas controlla la popolazione e i gruppi palestinesi anche in aree in cui non li controlla ufficialmente, come Rafah».
Yasser Abu Shabab [5], classe 1990, era già noto ai gruppi palestinesi, in quanto incarcerato per traffico di stupefacenti. Dopo l’invasione della Striscia, riuscì a fuggire grazie a un bombardamento dell’esercito israeliano, per poi riapparire sulla scena a metà 2025, quando il gruppo delle Forze Popolari salì alla ribalta grazie al sostegno israeliano. La milizia, dichiaratamente anti-Hamas, conta tra i 100 e i 300 membri attivi nell’area orientale di Rafah; il gruppo è stato spesso accusata dalla resistenza palestinese, da media internazionali [6], e da operatori umanitari di saccheggiare i camion di aiuti per poi vendere i beni alimentari a prezzi esorbitanti. Per tale motivo, Abu Shabab è stato rinnegato [7] dal suo stesso clan, la tribù Tarabin, una delle più note nella Palestina meridionale. Col tempo sono emersi rapporti tra la milizia e lo Stato ebraico, confermati, tra i tanti, da media e analisti israeliani e – indirettamente – dallo stesso Netanyahu [8], che ha affermato apertamente di armare milizie per opporsi ad Hamas.