- L'INDIPENDENTE - https://www.lindipendente.online -

UE: accordo per fermare ogni importazione di gas russo entro settembre 2027

Dopo mesi di negoziati serrati, l’Unione Europea ha varato un accordo che prevede lo stop definitivo a tutte le importazioni di gas naturale russo entro l’autunno del 2027. La misura – prima graduale, poi totale – sancisce la fine della dipendenza energetica dal Cremlino, con l’obiettivo annunciato di tagliare i finanziamenti che Mosca trae dalle esportazioni. La Russia è stata per anni il principale fornitore di gas per i Paesi europei, arrivando a coprire fino al 40% della domanda dell’intera Unione Europea. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha definito la giornata «storica», a riprova che l’UE «ha spezzato una dipendenza che molti credevano insuperabile». Non tutti però condividono l’entusiasmo: l’Ungheria ha annunciato un ricorso alla Corte di giustizia, affermando che lo stop imposto da Bruxelles minaccia la sicurezza energetica e la stabilità economica del Paese.

Da Mosca, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha accusato l’Europa di “auto-sabotaggio” e ha previsto costi energetici più alti e perdita di competitività. Da quando è iniziata la guerra in Ucraina l’importazione di gas russo è stata notevolmente ridotta, anche se non del tutto interrotta. Secondo l’intesa, fra Consiglio dell’UE e Parlamento europeo, il bando interesserà prima il gas naturale liquefatto (GNL), con divieto totale già a fine 2026, poi il gas via gasdotto, con blocco definitivo entro il 30 settembre 2027 (o al più tardi entro il 1° novembre 2027, condizionato però al livello di riempimento degli stoccaggi). Per i contratti già in essere, la tempistica prevede scadenze differenziate: i contratti a breve termine dovranno cessare dal 25 aprile 2026 (per il GNL) e dal 17 giugno 2026 (per il gas da gasdotto); quelli a lungo termine – almeno per il GNL – si chiuderanno dal 1° gennaio 2027. A queste misure si affiancherà anche un percorso per eliminare progressivamente le importazioni di petrolio russo, in base a una proposta legislativa che la Commissione si è impegnata a presentare nei primi mesi del 2026.

Per l’UE [1] si tratta di un traguardo “storico” per mettere fine al cosiddetto “ricatto energetico” di Mosca e alleggerire la vulnerabilità europea a future manovre di pressione. Secondo la Commissione, l’accordo rappresenta un passo cruciale verso l’indipendenza energetica e un ritorno a un’Europa meno dipendente da forniture esterne ostili. Non tutti, però, condividono l’ottimismo: nei corridoi delle istituzioni alcune delegazioni guardano con preoccupazione alle conseguenze economiche e sociali del divieto. Paesi con bassa diversificazione energetica temono un aumento dei costi per famiglie e imprese e un deterioramento della loro competitività. In particolare, Ungheria e Slovacchia restano gli unici Paesi UE a dipendere in misura maggioritaria dal greggio russo. Per entrambi, la Commissione dovrà predisporre una deroga su misura, costruendo una road map [2] separata che tenga conto delle loro vulnerabilità. Il governo di Viktor Orbán accusa l’UE di oltrepassare i limiti delle proprie competenze, invadendo un ambito che ritiene parte della sua autonomia energetica nazionale. «Avvieremo immediatamente un procedimento legale. Abbiamo già iniziato il necessario lavoro giuridico, è in corso», ha annunciato il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjartó [3], definendo il piano dell’UE una “dittatura di Bruxelles” e “una frode”.

Il piano dell’UE presume che nel frattempo i Paesi membri siano in grado di rimpiazzare le forniture russe con altri fornitori e che lo facciano senza effetto collaterale sui prezzi o sulla sicurezza energetica. L’offerta di GNL sul mercato internazionale è molto alta, soprattutto dagli Stati Uniti, con cui l’UE ha già incrementato i contratti di acquisto. C’è poi il nodo dei costi: per cittadini e imprese, la transizione potrebbe tradursi in bollette più care, investimenti supplementari, incertezze. Al di là dei toni trionfali, l’accordo appare come un compromesso tecnico con scadenze diluite, un segnale di intenti forti ma non di risolutezza quotidiana. L’Europa sceglie di “chiudere il rubinetto”, ma stabilisce il cronoprogramma con estrema cautela. Resta da vedere se, nel frattempo, riuscirà davvero a costruire un’alternativa energetica solida, sostenibile e conveniente per tutti o se la scelta finirà per trasformarsi in una forma di “autosabotaggio”, come insinua Mosca.

Avatar photo

Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.