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Prosecco, trovati PFAS nelle bottiglie di 15 etichette: i marchi coinvolti

Un brindisi con l’amaro in bocca. L’ultimo test del mensile Il Salvagente su una delle bollicine più amate dagli italiani, il Prosecco, ha recentemente svelato la presenza di contaminanti indesiderati in tutti i campioni sottoposti ad analisi. Il laboratorio ha cercato residui di pesticidi e, soprattutto, le insidiose sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nei prodotti di 15 diversi marchi, rivelando un quadro di contaminazione diffusa, seppur entro i limiti di legge per i fitofarmaci. A destare maggiore preoccupazione è il ritrovamento, in ogni bottiglia, di acido trifluoroacetico (Tfa), un derivato dei Pfas, in quantità che superano abbondantemente l’obiettivo di qualità avanzato dall’Istituto superiore di sanità per l’acqua potabile e recepito con un decreto dal nostro Paese, che diventerà vincolante per l’acqua potabile dall’inizio del 2027.

L’indagine [1] ha passato al setaccio 15 etichette tra le più comuni sugli scaffali: Mionetto, Bolla, Cinzano, Martini, Bortolomiol, Casa Sant’Orsola, Villa Sandi, Allini di Lidl, Maschio, Valdo, Bernabei, La Gioiosa, Meolo di Eurospin, Astoria e Carpenè Malvolti. Nessuna è risultata totalmente esente. Riguardo ai pesticidi, «tutti i residui riscontrati sono ampiamente al di sotto dei limiti di legge», ma è stata riscontrata la presenza fino a 10 principi attivi diversi in una singola bottiglia, quella del Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg della Cantina Viticoltori Meolo per Eurospin. Tra le sostanze individuate, il metalaxyl (un fungicida sistemico) e il boscalid, i cui potenziali effetti sulla salute sono oggetto di studi.

La vera novità riguarda i Pfas. I valori riscontrati di acido trifluoroacetico – sottoprodotto di processi industriali e della degradazione di una serie di sostanze fluorurate usate nei gas refrigeranti, nei pesticidi e nei prodotti farmaceutici – vanno infatti da un minimo di 30mila ng/l nel Bortolomiol a un massimo di 59mila ng/l nel Bolla, etichetta molto popolare. Numeri che, se paragonati alle possibili future regole sull’acqua, appaiono assai elevati. L’inchiesta sottolinea come «più aumenta l’utilizzo dei pesticidi fluorurati, più aumenta la presenza di residui». Non a caso, dal 2010 la frequenza delle rilevazioni di questi metaboliti si è impennata, con i vini delle vendemmie dal 2021 al 2024 che presentano livelli medi di 122mila nanogrammi/litro, ma anche picchi di oltre 300mila. Rispetto a questi numeri, i valori nel prosecco sono inferiori, ma non trascurabili.

Le aziende coinvolte replicano puntando sul rispetto delle normative attuali. Alcune, come Carpenè Malvolti, mettono in discussione i dati analitici. Altre, come il Gruppo Italiano Vini (proprietario di Bolla) e Lidl, osservano che i livelli riscontrati nel Prosecco sono comunque «nella fascia bassa di contaminazione» se confrontati con picchi riscontrati in altri vini. Il nodo cruciale è l’assenza di una legge specifica che regolamenti i Pfas nel vino. Il test, infatti, prende come metro di paragone proprio i limiti futuri per l’acqua potabile Le Cantine Maschio fanno notare che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) stabilisce una dose giornaliera accettabile per il Tfa di gran lunga superiore rispetto ai numeri rilevati dall’inchiesta, affermando non sia corretto assumere come riferimento il limite previsto per l’acqua, dal momento che il vino viene normalmente consumato quantità differenti.

Carlo Foresta, tra i massimi esperti di Pfas, invita però alla cautela: «I livelli di Tfa riscontrati nei campioni di prosecco, compresi tra 38mila e 60mila nanogrammi per litro risultano elevati e superiori ai valori di riferimento indicativi. Si tratta di concentrazioni che eccedono l’obiettivo di qualità proposto dall’Istituto superiore di sanità nel 2024 (10mila ng/l) e recepito dal D.Lgs. 102/2025 [2]». Tale soglia diventerà vincolante per l’acqua potabile in Italia a partire dal 12 gennaio 2027. «I valori citati sono 3,8–6 volte (o più) sopra quel valore nazionale di riferimento – ha concluso –. Assunzioni occasionali di una bottiglia non costituiscono automaticamente una prova di danno acuto, ma l’esposizione ripetuta aumenta la preoccupazione per effetti cronici».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.