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La nuova disuguaglianza italiana: gli anziani esclusi dal digitale

«Noi vecchietti siamo stanchi degli abusi e dei ricatti». Finisce così una mail che ci ha scritto una lettrice, lamentando i disagi che ha passato per poter tornare in Italia, via aereo, dalle Canarie. La signora, ignara delle nuove regole varate dalla compagnia low cost Ryanair, che dal 12 novembre obbliga gli utenti a viaggiare con biglietto digitale scaricabile dall’applicazione dedicata – pena una multa che arriva a 55 euro – ha dovuto farsi assistere dal figlio, al telefono, per riuscire nel completare tutta la procedura. Perché, se per i nativi digitali possono sembrare passaggi semplici, anche scaricare una applicazione dedicata e validare le proprie credenziali, prima di fare il check in online, può essere complicato. Figuriamoci quando il problema diventa quello di usare lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale), ad esempio per accedere al proprio fascicolo sanitario elettronico, inserendo codici di verifica come gli OTP (One-Time Password) precedentemente impostati, o il riconoscimento facciale. Quelle che possono sembrare operazioni banali, per chi non ha le conoscenze digitali necessarie, possono diventare epopee senza fine, che, tra frustrazione e incomprensioni, spesso non portano al risultato desiderato.

Tornando ai biglietti d’aereo la signora scrive: «Considero questa “novità” un ricatto vergognoso: dover installare una app per fruire di un titolo di viaggio». E si domanda: «E gli altri vecchietti? E chi non ha nessuno che li assiste? E chi non ha un telefonino “moderno”? E se si scarica? Queste “novità” diventano sempre più escludenti nei confronti dei più deboli e discriminatorie. A mio parere anche illegali». Ed è proprio questo il punto: il rischio che, nella progressiva digitalizzazione di pratiche e servizi, i più anziani restino esclusi da un sistema che sembra essersi dimenticato della loro esistenza.

Anziani e digitale: i dati

Il problema viene evidenziato innanzitutto dai dati. Secondo [1] l’Istat i problemi iniziano già dall’accesso a internet, visto che, tra le famiglie composte solo da anziani [2] (65+), solo il 60% ha una connessione: in 4 su 10 nemmeno possono accedere al web. Nella fascia sopra i 75 anni solo il 31,4% usa internet. Secondo una ricerca portata avanti dall’Università Bocconi sul digital divide, riportata [3] anche su EPALE (European Platform for Adult Learning), in Italia solo il 33% degli over 65 usa internet “regolarmente”, collocando il Paese tra quelli con maggiore esclusione digitale nella fascia anziana.
Ma il vero collo di bottiglia sono le competenze digitali. Sempre secondo i dati [4] Istat, risalenti però al 2023, tra chi ha usato internet in un’indagine dai 16 ai 74 anni, solo il 45,7% ha competenze digitali almeno di base. Percentuale che crolla mano a mano che l’età si alza: tra i 20 e 24 anni le possiedono il 61,7%, ma tra i 65 e i 74 è appena il 19,3%. La ricerca spiega che in Italia il 68% delle persone con più di 65 anni dichiara di non avere le competenze digitali di base per usare smartphone, computer o tablet. E quindi, anche quando c’è accesso a Internet, 2 anziani su 3 si auto-percepiscono privi delle competenze minime necessarie.

Quali difficoltà emergono

Un articolo [5] sul digital divide e l’alfabetizzazione digitale per la salute pubblicato sulla Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione sottolinea 3 punti principali. Il primo è che il divario digitale non è solo mancanza di dispositivi, ma un intreccio di fattori economici, culturali, relazionali (isolamento, mobilità ridotta, basso reddito); il secondo è che per gli anziani, l’uso di tecnologie sanitarie (telemedicina, fascicolo sanitario elettronico) richiede competenze cognitive e digitali complesse, spesso non supportate; e infine che servono strategie differenziate: formazione continua, supporto di reti associative, ma anche mantenimento di soluzioni non digitali per chi, anche dopo la formazione, resta in difficoltà. Lo stesso studio della Bocconi sui programmi di alfabetizzazione digitale per over 67 spiega che la partecipazione a corsi mirati aumenta non solo le abilità pratiche, ma anche la fiducia nell’uso di servizi comehome banking, telemedicina e PA online. Gli ostacoli principali sono scarsa consapevolezza dell’offerta formativa e bisogno di percorsi lenti, personalizzati, con formatori specializzati nella fascia anziana.

anziani digitale

Analizzando insieme dati quantitativi e studi qualitativi, le difficoltà degli anziani nell’uso della tecnologia – e in particolare di SPID e dei servizi pubblici digitali – si possono sintetizzare così: accesso a internet, dove il problema non è solo la connessione, ma in molti casi riguarda la mancanza di smartphone o PC aggiornati, o connessi in modo stabile; le scarse competenze digitali; le procedure complesse per accedere a servizi come lo SPID (email, password complesse, OTP via SMS o app, riconoscimento facciale o video, che si trasforma in una barriera aggiuntiva; portali poco intuitivi, con interfacce affollate, linguaggio burocratico, passaggi ridondanti;  e infine la dipendenza da familiari o amici con rischi per la privacy e l’impossibilità di agire da soli in caso di urgenza.

Come intervenire

Queste sono le principali raccomandazioni che emergono da rapporti ufficiali e studi:

E quindi implementare corsi ad hoc, per rendere gli anziani più indipendenti, e semplificare le interfacce dei portali, come confermato dall’indagine [6] Doxa commissionata dal comune di Bologna nel 2021, dal quale risulta che il 38,3% degli anziani intervistati ritiene necessario disporre di strumenti più semplici, progettati specificamente per loro.

Uno studio [7] pubblicato quest’anno su Science, si è occupato di analizzare come l’Unione Europea stia affrontando la duplice sfida dell’invecchiamento della popolazione e della rapida trasformazione digitale. I risultati principali indicano che «l’uso dei servizi di e-government in età avanzata è tutt’altro che universale: solo una minoranza degli anziani utilizza tali servizi. Il coinvolgimento è più frequente tra individui con specifiche risorse personali e posizionali – come un più alto livello di istruzione e una maggiore padronanza digitale – ed è fortemente influenzato dalla qualità dei servizi pubblici digitali, che varia considerevolmente da un Paese all’altro».

Non solo, perché i ricercatori mettono l’accento sul fatto che: «I risultati confermano che le competenze digitali comunicative costituiscono una risorsa chiave per gli adulti più anziani che accedono ai servizi di e-government […] sottolineando come le competenze rappresentino un prerequisito per un coinvolgimento digitale significativo». L’iniziativa deve essere lasciata ai singoli Stati, data la grande eterogeneità nelle infrastrutture e nelle competenze digitali tra le popolazioni anziane, mentre l’Unione Europea potrebbe svolgere un ruolo strategico facilitando linee guida condivise, coordinando iniziative transnazionali e sostenendo la diffusione delle pratiche efficaci. Con una conclusione chiara: «Affrontare queste limitazioni in future ricerche è fondamentale per costruire un e-government realmente inclusivo e capace di ridurre – anziché aggravare – le disuguaglianze sociali e il rischio di esclusione nella terza età».

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Mario Catania

Giornalista professionista freelance, specializzato in cannabis, ambiente e sostenibilità, alterna la scrittura a lunghe camminate nella natura.