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Sardegna, l’Antiterrorismo indaga decine di attivisti per le proteste antimilitariste

La Sardegna torna al centro di un vasto procedimento giudiziario che investe attivisti, collettivi e movimenti impegnati in campagne antimilitariste, anti-carcerarie e di solidarietà internazionale. Sono infatti 36 le persone raggiunte dalla chiusura delle indagini da parte della Direzione Distrettuale Antiterrorismo di Cagliari, con accuse che vanno dall’imbrattamento di edifici pubblici alla resistenza durante manifestazioni, fino a dieci contestazioni per associazione con finalità di terrorismo. Una risposta giudiziaria che collettivi e associazioni del territorio giudicano sproporzionata rispetto ai fatti contestati, sullo sfondo di un clima contraddistinto da una crescente repressione delle mobilitazioni sociali.

L’operazione, ribattezzata informalmente “Maistrali”, riprende un copione già visto in Sardegna: maxi-inchieste dagli esiti spesso incerti, come l’Operazione Arcadia o l’Operazione Lince, ancora non del tutto concluse a distanza di molti anni. Secondo quanto riportato nei lanci di agenzia, gli indagati sono accusati di aver organizzato «cortei e manifestazioni alcune senza preavviso alle forze dell’ordine, in occasione delle campagne antimilitariste e anti-carcerarie dal 2020 al maggio dello scorso anno». Secondo gli investigatori, il presunto gruppo avrebbe agito «in tutta la Sardegna» con base nel capoluogo. Altri capi d’imputazione parlano di bombe carta, contestazioni a banchetti politici e danneggiamenti. Le associazioni, per l’ennesima volta dopo le ingenti proteste che hanno caratterizzato l’isola, denunciano un uso strumentale del diritto penale.

La risposta della società civile non si è fatta attendere. Il Comitato sardo di solidarietà alla Palestina e l’associazione Amicizia Sardegna Palestina hanno espresso il loro appoggio agli indagati, denunciando una precisa strategia repressiva. In un comunicato [1] congiunto hanno affermato: «La Questura di Cagliari continua ad usare l’accusa di “terrorismo” – mossa in questo caso contro 10 delle 36 persone indagati – per criminalizzare e reprimere le lotte contro la presenza militare in Sardegna, come già in passato con la tristemente nota operazione “Lince”». E aggiungono: «Accuse di terrorismo verso chi protesta mentre i governi imperialisti, Italia in testa, commettono genocidi e crimini di guerra in tutto il mondo. Mentre la NATO e l’Europa marciano a tappe serrate verso la guerra, i “terroristi” sarebbero coloro che si oppongono a questa vergogna».

Preoccupazioni condivise dall’associazione Libertade, che ha evidenziato [2] come il crescente dissenso contro «l’economia di guerra», il sostegno governativo al «Genocidio Palestinese» e la «speculazione energetica» stia mobilitando migliaia di persone. Le accuse agli attivisti, osservano, vanno dalla sovversione allo Stato a reati «sempre più utilizzati per reprimere chi manifesta», mentre non mancano episodi recenti di cariche immotivate da parte delle forze dell’ordine. La Cassa Antirepressione Sarda, in una nota, ha dichiarato che le procure si starebbero affannando per «zittire le contestazioni ed il dissenso», al fine di «difendere questa società che vive dello sfruttamento degli ultimi da qualsiasi vento di ribellione, per far sì che corsa al riarmo e guerre genocide possano compiersi senza troppi intralci». Uno scenario che non si limita al solo territorio sardo. A Torino, per esempio, numerosi militanti del centro sociale Askatasuna e del Movimento No TAV si erano visti contestare [3] il reato di associazione a delinquere con finalità eversive, successivamente derubricata in associazione a delinquere – ipotesi poi sgretolatasi nel corso del processo, che ha prodotto solo condanne per reati minori.

Il contesto in cui matura l’inchiesta sarda è caratterizzato da una crescita delle mobilitazioni sociali nell’isola, terra ormai da tempo militarizzata [4] e al centro delle esercitazioni atlantiche. Negli ultimi anni, infatti, il network di associazioni impegnate sul territorio ha visto un rafforzamento esponenziale, con numeri in piazza [5] che non si registravano da anni, su temi che vanno dalla solidarietà alla resistenza palestinese, alla lotta antimilitarista, alla contestazione della speculazione energetica. Nel tempo si sono moltiplicati gli episodi [6] di scontro tra forze dell’ordine e attivisti, alimentando un clima che continua a mantenere alta la tensione.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.